Olympiastadion: il teatro della vittoria azzurra

Olympiastadion: quanti ricordi legati a questo nome! Era il 9 luglio del 2006 e l’Italia sollevava al cielo la sua quarta Coppa del Mondo sul prato di questo stadio, il cui nome resterà impresso nella memoria dei tifosi come fu per il Santiago Bernabeu nel 1982.

Uno stadio portafortuna per la nazionale italiana che in questo impianto aveva già vinto l’oro nel ’36 , in quella stessa olimpiade che portò sul tetto del mondo un giovane di colore, Jesse Owens, vincitore di quattro medaglie d’oro, proprio sotto gli occhi di Adolf Hitler, sostenitore della superiorità della razza ariana.

Lo stadio olimpico di Berlino venne completamente ricostruito al posto del vecchio Deutsches Stadion proprio in occasione della kermesse olimpica ed il numero dei posti venne portato da 40.000 a 110.000. Per settanta anni la struttura è rimasta pressoché inalterata, fino all’assegnazione dei Mondiali del 2006, quando si imponeva una ristrutturazione per garantire le norme di sicurezza richieste per l’evento.

Markus Merk riapre la questione della moviola in campo

Serve la moviola in campo, così evitiamo errori. Con tutte le possibilità che abbiamo a disposizione oggi, ogni situazione discutibile potrebbe essere risolta nel giro di un minuto. Non parlo solo da arbitro, mi metto anche nei panni dei calciatori. Una decisione errata non è mai positiva, non è mai la soluzione ideale.

Parola di Aldo Biscardi? No, parola di Markus Merk, miglior arbitro tedesco, votato per tre volte numero 1 mondiale dei fischietti. Una presa di posizione decisa, che riapre l’annosa questione della tecnologia applicata allo sport più bello del mondo: potrebbe aiutare gli arbitri a sbagliare di meno o alimenterebbe le polemiche intorno ad ogni singola azione di gioco?

Nell’episodio recente che ha visto coinvolto l’arbitro tedesco, di sicuro la moviola sarebbe servita ad evitare una figuraccia fatta davanti ad un intero stadio. Merk infatti ha convalidato una rete viziata da un fuorigioco piuttosto evidente ed ha potuto rivedere l’azione qualche secondo dopo dalle immagini trasmesse sul maxischermo del Weserstadion, ma ormai era tardi per tornare indietro e cambiare decisione.

Fifa Street 3: lo spettacolo che supera la realtà

Finora abbiamo sempre preso in considerazione i classici giochi di calcio. Prima abbiamo analizzato i simulatori, poi i manageriali. Vediamo ora di uscire dagli schemi, e analizzare un titolo tutto nuovo.
Stiamo parlando di Fifa Street, arrivato alla terza edizione, ma che solo ora comincia a diffondersi nelle case degli appassionati.

Il primo punto di forza del gioco della Ea Big (della famiglia Ea Games) è il fatto che può andar bene anche per quei giocatori che non sono esperti di calcio, ma a cui piace la spettacolarità.
Infatti dimenticatevi i vecchi schemi, il catenaccio o la rete di passaggi. Con Fifa Street tutte le leggi del calcio sono rivoluzionate, e a volte anche quelle di gravità.
La regola basilare del calcio moderno è stata cancellata. Infatti non ci saranno ad affrontarsi due squadre da 11 giocatori, ma da 5. Non si tratta però di un torneo di calcetto, ma del vero e proprio calcio che i ragazzini imparano da piccoli, giocando su una strada, dove si corre sull’asfalto o sulla sabbia di una spiaggia, e si prendono come porte i cancelli delle case.

Josè René Higuita: un numero 1 stravagante

Chi ama il grande calcio ed i campioni storcerà il naso nel veder inserito Josè René Higuita all’interno della categoria “numeri 1”, perché il colombiano tutto sembrava, fuorché un portiere. Certo, non lo si può definire un grande portiere, ma rappresenta una vera rarità nel ruolo, facendosi interprete di un calcio divertente e spettacolare.

In Europa sarebbe stato cacciato dopo la prima stravaganza, ma laggiù, in sudamerica, il calcio è prima di tutto allegria e molti numeri 1 si sono calati nel ruolo di guascone per strappare un applauso ed un sorriso. C’era Hugo Gatti seduto sulla traversa, perché dalle sue parti non arrivava mai la palla. C’era il messicano Jorge Campos, famoso per le sue maglie sgargianti, ma anche per i 14 gol segnati quando giocava con i Pumas. C’era Chilavert di cui abbiamo abbondantemente trattato, come esempio di portiere-goleador.

Tutti interpreti di portiere spettacolare, ma Higuita è un pezzo unico della collezione ed alcuni episodi sono rimasti ben stampati nella mente di chi ha avuto la fortuna di vederlo in azione. L’istantanea più famosa è quella dei Mondiali italiani del ’90, quando, durante la gara tra Colombia e Camerun si spinse fino a centrocampo, prima di vedersi rubare la palla da Roger Mlla che non ebbe problemi a diregirsi verso la porta per segnare una comoda rete.

Ottavi di Champions: dominano le inglesi

Più che Champions League si potrebbe chiamare English League. Su 7 squadre qualificate ben 3 sono inglesi, e con il 2-0 del Liverpool dell’andata non fatichiamo a credere che mercoledì prossimo le squadre inglesi diventeranno 4.

Gli ottavi di Champions si sono quasi conclusi, e possiamo già tirare le somme su quanto visto in queste settimane.
Possiamo ad esempio dire che il gioco del calcio è bello proprio perchè è imprevedibile, e ne sa qualcosa il Real Madrid, straconvinto di passare il turno, ma che ha dovuto fare i conti con una strepitosa Roma, che gli ha rifilato quattro gol in due partite.
Possiamo anche dire che, come il Real Madrid, sono tante le grandi che rimangono fuori, vedi il Lione, il Milan, probabilmente l’Inter (anche se non è ancora detta l’ultima parola), mentre emergono alcune insospettabili squadre. Una di queste è il Fenerbache, capace nella prima giornata di Champions di sorprendere i nerazzurri, ma che poi si sono dimostrati fortissimi, e capaci di esprimere uno dei migliori giochi tra le squadre europee.
Non solo i turchi sono stati capaci di eliminare i più quotati olandesi del PSV Eindhoven, ma anche di far fuori i due volte vincitori della Uefa, il Siviglia, anche se faticando non poco, dato che la partita è finita ai calci di rigore. E’ un peccato veder eliminata una delle due squadre più divertenti d’Europa perchè sia l’andata che il ritorno hanno regalato emozioni, e ci sarebbe piaciuto vederle ancora in campo, al posto di qualche altro club che ha strappato la qualificazione con un pò di fortuna.

Quando il raccattapalle diventa protagonista.

Gianluca, chi era costui? Ce ne sono tanti che si chiamano così, ma questo è diventato famoso per un suo gesto ha fatto molto discutere, tanto da finire sul tavolo del giudice sportivo, chiamato ad esprimersi in merito alla vicenda. Era il 26 gennaio scorso e allo Stadio Olimpico si giocava Roma-Palermo. Il risultato era fermo sullo 0-0, quando un ragazzo, Gianluca appunto, raccattapalle in quell’occasione, si avvicinò alla bandierina del calcio d’angolo, posizionando la palla a terra, per permettere alla squadra di casa di riprendere più velocemente il gioco.

Dall’azione successiva è nato il gol con cui la Roma ha battuto il Palermo, che a fine gara ha presentato ricorso per l’eccesso di zelo del ragazzino. Ieri la sentenza del giudice sportivo Giampaolo Tosel che non ha ritenuto il gesto influente sulla regolarità dello svolgimento della gara, respingendo di fatto il ricorso della squadra sicula.

Non potevamo certo aspettarci che per un simile episodio venisse ripetuta la partita o addirittura assegnata la vittoria a tavolino alla squadra di Zamparini, ma per dovere di cronaca bisogna ricordare che, secondo il regolamento, il raccattapalle non può in alcun modo sostare davanti ai cartelloni pubblicitari. Il ricorso del Palermo, quindi, non era così insensato, pur essendo eccessive le sue richieste. Gianluca, ha avuto il suo quarto d’ora di popolarità, facendo tornare alla mente altri episodi curiosi legati alla figura del raccattapalle.

Ligue 1: solo 13 gol in 10 partite, equilibrio o mediocrità?

E’ ufficiale: a rincorrere l’armata Lione ci è rimasto solo il Bordeaux. E che Bordeaux. Affrontava il Psg in una gara difficile l’ex squadra di Zidane, ma ha trovato in Wendel una delle armi migliori per affrontare la scalata verso la vetta. Parte bene la squadra della capitale, ma al primo tiro in porta il francese trova il gol, anche grazie ad un Landreau poco sicuro tra i pali (ecco spiegato l’innesto di Frey tra i pali della nazionale francese). I due gol vengono facili facili nei primi minuti della ripresa, e il gioco è fatto.

Con la tripletta del centrocampista si spera si spaventi il Lione, apparso poco sicuro sul campo del Lille, in cui ancora una volta a decidere è stato la riserva di lusso Fred, al terzo gol quest’anno. Velleità europee addio per il team in cui Patrick Kluivert sperava di poter tornare grande. Sono solo 3 i punti dalla terzultima in classifica, e dato che la vittoria è arrivata solo una volta nelle ultime cinque giornate, si fa nera la nottata per un club lontano parente di quello che in Champions metteva in difficoltà il Milan due anni fa.

Shock in Brasile: uccide il fratello durante il derby

In Italia per un derby si può arrivare agli sfottò, a fare a botte, addirittura anche a finire in ospedale. In Brasile si rischia di morire.
E’ quello che è successo domenica ad un tifoso del Palmeiras, squadra di San Paolo, durante il derby. E la cosa più tragica è stata che la mano che ha posto fine alla sua vita è stata quella del fratello.

La vittima si chiamava Roberto de Oliveira e aveva solo 24 anni. Si trovavano in casa i due fratelli a guardare il derby in televisione. Sfortunatamente Erik, il fratello minore, tifava per il Corinthians, acerrima rivale del Palmeiras, e si sa, i brasiliani sono molto calienti, a volte anche troppo, quando si tratta di calcio.

Campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo!

Era l’undici luglio 1982 e l’Italia si vestiva a festa per l’ultimo capitolo dell’entusiasmante Mondiale in terra di Spagna. Nessuno ci avrebbe scommesso alla partenza dal ritiro e men che mai dopo le prime tre partite deludenti nel girone, che ci aveva messo di fronte squadre che sembravano ampiamente alla nostra portata. Polemiche a non finire, i giornali si chiedevano il motivo di certe scelte di Bearzot, che si ostinava a mandare in campo una formazione dimostratasi fin lì al di sotto delle aspettative.

Poi arrivò l’Argentina di Maradona, rispedita a casa con la coda tra le gambe, ed il Brasile dei grandi campioni, che avrebbe dovuto fare dell’Italietta un sol boccone e che invece risvegliò l’assonnato Paolo Rossi, facendolo entrare nella leggenda. Un gioco da ragazzi, la semifinale con la Polonia, battuta con due gol dello stesso Pablito, che ci lanciarono direttamente nella finale con la Germania.

Ed ora sembrava tutto facile, l’Italia non era più tanto piccola ed era consapevole della sua forza in campo, mentre da fuori nessuno più osava criticare il ct, che stava per farci vivere il sogno più bello. Ma non fu così facile, non subito almeno, perché una finale è una partita a sé e la paura di perdere può fare brutti scherzi.

Tim Cahill: gol e manette!

Ne abbiamo viste di tutti i colori su un campo di calcio, ma questa proprio ci mancava! Si gioca Everton-Portsmouth, prima divisione inglese ed il centrocampista Tim Cahill segna il gol del 2-1 per la squadra di casa, rendendosi poi protagonista di un’esultanza che tanto ha fatto discutere in Inghilterra.

Sguardo alla telecamera e mani unite a mimare il gesto delle manette, che molti sul momento non hanno ben compreso, ma che è stato subito condannato da chi invece conosce la sua storia personale.

Il fratello di Tim infatti è attualmente detenuto in un carcere inglese con un’accusa pesante: aggressione e lesioni gravi. Era il luglio del 2004 quando Sean Cahill colpì un uomo con due calci in pieno volto, facendogli perdere l’uso di un occhio. Arrestato e rimesso subito in libertà dietro pagamento di una cauzione, il fratello di Tim pensò bene di scappare in Australia, suo paese d’origine.

Bundesliga: si delineano le gerarchie del campionato

Riprende la corsa del Bayern Monaco di Luca Toni. Dopo la piccola battuta d’arresto della scorsa settimana, è bastata una rete dell’altro cannoniere, Miroslav Klose, per aver ragione di uno Schalke 04 che non ha mai impegnato i bavaresi. Al Bayern mancava Van Bommel, che si è beccato tre giornate di squalifica per il gesto dell’ombrello (non una novità per lui) della scorsa partita, ma di certo a Monaco non hanno i giocatori contati.

Il Werder intanto cerca di rimanere agganciato al Bayern, per non considerare già chiuso il campionato a 12 turni dalla fine, e lo fa con un secco 2-0 contro un modesto Borussia Dortmund. Di Rosemberg i due gol dei biancoverdi che tengono ancora viva una Bundesliga che, se la scorsa settimana sembrava molto equilibrata, adesso pian piano sta prendendo una fisionomia. Infatti la corsa ai due posti utili per la qualificazione in Champions sembrano già assegnati, visto lo strapotere del Bayern (difficilmente scalzabile dal primo posto) e l’ottimo momento del Werder, ma soprattutto grazie al fatto che dietro non tengono il passo.

Nicklas Bendtner: un gigante tra i volti nuovi

Continua la nostra carrellata di volti nuovi alla ricerca dell’affare da proporre ai vari presidenti disposti ad investire sul futuro. In realtà, stavolta parliamo di un nome già conosciuto nel panorama calcistico internazionale, ma vista la giovane età (20 anni), merita sicuramente un posto in questa categoria.

Stiamo parlando di Nicklas Bendtner, gigante danese in forza all’Arsenal, che ha già riempito pagine e pagine di giornali con le sue imprese. I Gunners lo hanno scovato a Copenhagen, quando aveva appena 16 anni e non si sono lasciati sfuggire l’occasione di portarlo in Inghilterra.

Prestato al Bimingham la scorsa stagione, Nicklas ha avuto modo di mettersi in mostra in un campionato duro come quello della seconda divisione inglese, andando a segno per undici volte e contribuendo alla promozione della squadra in Premiership.

Fantacalcio: 5 nomi nuovi per la top 11

Quante sorprese nella 26esima giornata di un Fantacalcio che sembra impazzito.
I pronostici della vigilia sono stati ribaltati, e i Fantallenatori saranno più confusi che mai. Una volta il Fantacalcio era una scienza quasi esatta (per quanto possa essere esatta la scienza della palla rotonda), e cioè se avevi i campioni vincevi, altrimenti rimanevi nella parte bassa della classifica. Nelle ultime giornate, per non dire negli ultimi mesi, questa teoria è stata cancellata. Saranno i troppi impegni dei calciatori, ma fatto sta che chi aveva in campo mostri sacri come Kakà e Ibrahimovic sta ancora raccogliendo i cocci delle gambe dei propri beniamini, che ormai giocano una partita al mese, quando va bene. Materazzi non è più il miglior difensore, anzi i suoi continui 5 lo fanno essere uno dei peggiori, e Trezeguet, dopo un avvio da paura, si è dimenticato come si segna, e ormai non ricordiamo più da quanto è fermo a quota 15.

Anche questa giornata non fa eccezione. L’unico tra i big che compare nella top 11 è Totti, e come dargli torto dopo il 4-0 al Parma. Ma per il resto, le sorprese non mancheranno.

Le maglie più brutte: guardate e ridete!

C’era una volta… Un’altra storia che comincia in questo modo e che ci riporta indietro al calcio che fu, quando l’unica cosa che contava veramente era buttarla dentro e cercare di non prenderle. Era il calcio delle maglie senza nomi, senza loghi, senza griffe dello stilista di turno, che stravolge una tradizione decennale, per dare il suo tocco di classe.

Poi arrivarono gli sponsor e la cara, vecchia maglia fu costretta a cedere le armi sotto l’attacco di questo immane mostro, che imponeva il cambiamento, per esigenze di mercato. Il risultato? Accettabile il più delle volte, salvo nei casi in cui si è voluto esagerare, proponendo divise che rasentano il grottesco. Avete voglia di sorridere? E allora godetevi la classifica delle 10 maglie più brutte della storia del calcio, stilata dal Sun.

Partiamo dal decimo posto e da questa divisa multicolore indossata dal Chelsea nel 1995, quando “il tulipano nero” giocava con i Blues. Appunto! Non erano blu? Cosa c’entra il grigio-salmone?