Era l’undici luglio 1982 e l’Italia si vestiva a festa per l’ultimo capitolo dell’entusiasmante Mondiale in terra di Spagna. Nessuno ci avrebbe scommesso alla partenza dal ritiro e men che mai dopo le prime tre partite deludenti nel girone, che ci aveva messo di fronte squadre che sembravano ampiamente alla nostra portata. Polemiche a non finire, i giornali si chiedevano il motivo di certe scelte di Bearzot, che si ostinava a mandare in campo una formazione dimostratasi fin lì al di sotto delle aspettative.
Poi arrivò
l’Argentina di Maradona, rispedita a casa con la coda tra le gambe, ed
il Brasile dei grandi campioni, che avrebbe dovuto fare dell’Italietta un sol boccone e che invece risvegliò l’assonnato
Paolo Rossi, facendolo entrare nella leggenda. Un gioco da ragazzi,
la semifinale con la Polonia, battuta con due gol dello stesso Pablito, che ci lanciarono direttamente nella finale con la Germania.
Ed ora sembrava tutto facile, l’Italia non era più tanto piccola ed era consapevole della sua forza in campo, mentre da fuori nessuno più osava criticare il ct, che stava per farci vivere il sogno più bello. Ma non fu così facile, non subito almeno, perché una finale è una partita a sé e la paura di perdere può fare brutti scherzi.
Ne sa qualcosa Antonio Cabrini, che andò deciso sul dischetto, quando al 25′ il brasiliano Coelho ci assegnò un rigore per un fallo su Bruno Conti. La delusione per quel tiro finito alla sinistra di Schumacher fu enorme e avrebbe potuto tagliarci le gambe. Ma era il nostro anno, era il nostro sogno, era il nostro Mondiale e nessuno ci avrebbe impedito di alzare quella Coppa.
Paolo Rossi ancora protagonista al 56′, quando Tardelli batté una punizione a sorpresa e Gentile buttò la palla nel mucchio, proprio nell’area piccola. Una selva di gambe e di teste su quella palla, ma il più lesto fu Pablito che non mancò l’appuntamento con il suo sesto gol personale. Alla faccia delle critiche! Persino il Presidente della Repubblica Pertini, presente in tribuna al Santiago Bernabeu, scattò in piedi.
La Germania provò subito a rimettere la partita in parità, ma gli attaccanti tedeschi non sempre riuscirono a dimostrare lucidità e precisione sotto porta e l’Italia colpì ancora. Lungo scambio tra Rossi e Scirea, palla indietro per Tardelli che faceva partire un missile di sinistro dal limite dell’area. Quello che avvenne negli istanti successivi è ormai storia e l’urlo di Marco fece il giro del mondo, diventando il simbolo della vittoria mondiale.
La rete di Altobelli all’80’ non fece altro che confermare la supremazia della nostra squadra su una Germania che aveva grandi ambizioni in quegli anni. Ci fu spazio anche per la rete della bandiera di Breitner, ma ormai era tardi per tentare di rimettere in piedi la partita e tra gli olé del pubblico nei minuti finali, altro non si aspettava che il fischio dell’arbitro.
3-1 finisce la storia ed inizia la leggenda, perché quei ragazzi si meritano un posto d’onore nell’Olimpo nel calcio. Nessuno alla partenza ci avrebbe scommesso un soldo, eppure riuscirono a regalarci il sogno più bello. E la voce di Martellini ancora ci rimbomba nelle orecchie: campioni del mondo, campioni del mondo, campioni del mondo! Grazie ragazzi!
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