Carletto Mazzone: mai detto che vado in pensione!

E’ uno di quelli che quando non c’è, ne senti la mancanza, anche se non fai il tifo per la sua squadra, anche se sei lontanto anni luce da quel suo modo di concepire il calcio e la vita stessa.

Romano de Roma, non ha mai nascosto le sue simpatie, anzi, la sua fede per i colori giallorossi, a costo di attirarsi le antipatie di molti. Ma Carlo Mazzone è così, senza peli sulla lingua, uno di cui solitamente si dice “o si ama o si odia”. Ammirato dai più, almeno da quelli che amano la verità e la trasparenza, perché, se c’è un pregio che gli si deve riconoscere, è proprio quello di non mandarle a dire, di mettere il prossimo di fronte alla verità, qualunque essa sia.

Un uomo schietto, di cui il calcio sente la mancanza da quando non lo si vede più agitarsi la domenica su una panchina, urlare contro gli arbitri, che spesso lo mandavano negli spogliatoi prima del previsto, o prendersela con la curva avversaria che lo insultava a gran voce dal primo all’ultimo minuto.

Il numero 1 dei numeri 1: Gigi Buffon

Brutte notizie in casa Juve: Gigi Buffon non ha risposto positivamente ai test fisici di ieri mattina, e non è quindi pronto per tornare in campo. Ha accusato affaticamento e difficoltà soprattutto nelle prese basse, e Ranieri non lo schiererà, mandando al suo posto Belardi, che si è fatto trovare sempre pronto offrendo buone prestazioni. Ma vediamo bene chi è Buffon.

Pes 2008, bello ma povero

Secondo appuntamento con la rubrica sui migliori videogiochi di calcio del 2008.
Dopo aver parlato di Fifa, viene naturale occuparci per questo secondo appuntamento del suo concorrente Pes.

Come avevamo già detto la scorsa settimana, i programmatori della Konami ci hanno voluto regalare un videogioco dalla grafica quantomai perfetta. Giocare una partita sul campo è a dir poco eccezionale. La grafica facciale è la più somigliante delle ultime versioni, e (dettaglio non da poco) i calciatori si riconoscono anche durante il match, e non soltanto nelle inquadrature da vicino come avviene in Fifa.
Anche lo stile di gioco è sempre il migliore, con i comandi che sono sempre gli stessi ormai da 5 anni, e che fanno di Pes il videogioco più semplice da imparare a manovrare, e anche il più divertente.

Josè Luis Chilavert: il portiere goleador

Grande portiere o fenomeno da baraccone? E’ l’enigma che ha accompagnato l’intera carriera di Josè Luis Chilavert, ritiratosi qualche anno fa dal calcio giocato, dopo un’intera vita passata a difendere una porta, ma non solo.

Un metro e ottantotto di altezza per quasi 100 chili, un fisico più vicino a quello di un lottatore che a quello di un giocatore di pallone, avrebbe potuto essere un buon centravanti di sfondamento, se solo suo fratello non lo avesse spedito in porta sin da piccolo, costringendolo a parare i suoi tiri.

Un ruolo accettato malvolentieri dal piccolo Luis, che però farà la sua fortuna nel corso degli anni a seguire, a cominciare dall’esordio nella serie B paraguaiana a soli 15 anni, con lo Sportivo Loqueno. In seguito una lunga serie di squadre si è assicurata le sue prestazioni sia in patria che all’estero (Guarani, San Lorenzo, Real Saragozza, Velez Sarsfield e Starsburgo) ed in ognuna ha lasciato un ricordo indelebile per l’abilità sul campo, ma anche per quel suo carattere difficile e polemico che lo rendeva spesso antipatico ai più.

Capello sergente di ferro e l’Inghilterra va

Accolto come un Dio, come il salvatore della causa inglese -visto che la nazionale ultimamente ha fatto ridere mezzo mondo, non qualificandosi per gli Europei della prossima estate- Fabio Capello si trova a dover confermare ancora una volta la sua fama di vincente.

Ma nessuno si aspettava che si calasse così tanto nel ruolo di salvatore, da chiamare Mosè sul Sinai per consegnargli le tavole della legge! Perdonatemi la digressione di carattere religioso, non è mia intenzione offendere alcuno, ma il paragone, per quanto “pesante”, ci può stare, visto il primo approccio di Mister Capello con la squadra appena convocata per l’impegno con la Svizzera.

Presentazioni d’obbligo nel ritiro della nazionale e poi subito una serie di regole da seguire, che hanno lasciato sconcertati gli stessi giocatori, già a conoscenza della fama di sergente di ferro del mister, ma che mai si sarebbero aspettati dei divieti e degli obblighi così duri.

Che Italia ieri sera!Portogallo battuto 3 a 1

E’ finita col risultato di 3 reti ad 1 la partita amichevole disputatasi a tra Italia e Portogallo sul neutro di Zurigo, nella terra che ospiterà il prossimo Campionato Europeo.
Donadoni schiera gli azzurri con un 4-3-2-1, Amelia tra i pali, Zambrotta, Cannavaro, Barzagli e Oddo in difesa, De Rossi, Pirlo, Ambrosini a centrocampo, Di Natale e Palladino dietro l’unica punta Toni.
Felipe Scolari risponde con un 4-2-1-3, mettendo in campo Ricardo, Bosingwa, Ricardo Carvalho, Bruno Alves, Caneira, Petit, Maniche, Deco, Queresma, Makukula e Cristiano Ronaldo.

Il disastro del Maracanà

Ci sono partite che restano impresse più di altre nelle menti e nel cuore di chi le guarda, definite “storiche” e ricordate anche a distanza di parecchi anni, raccontate ai propri figli e nipoti come qualcosa di incredibilmente straordinario. Nel bene e nel male.

Me ne vengono in mente diverse mentre scrivo e prometto di darne conto nelle puntate successive, ma questa volta la mia attenzione è rivolta ad una gara di cui molti avranno sentito parlare, e che forse nessuno tra i lettori ha avuto la possibilità di vedere.

Era il 16 luglio del 1950 e a Rio de Janeiro andava in scena quello che sarebbe passato alla storia come il “disastro del Maracanà”. Quella volta il Brasile era sicuro di vincere sia perché era realmente forte, il più forte visto fino ad allora, sia perché aveva la possibiltà di giocare in casa, davanti al suo pubblico, per il quale aveva fatto costruire lo stadio più grande del mondo, il tempio del calcio, capace di ospitare 160.000 spettatori.

Deferiti Inter e Milan per plusvalenze false

Ormai è destino, il calcio si gioca più negli uffici che sul campo. Dopo lo scandalo scommesse, calciopoli, fidejussioni false, e adesso errori arbitrali a senso unico, si aggiunge un nuovo capitolo alle inchieste giudiziarie del calcio di casa nostra.
La settimana scorsa Galliani e Moratti furono prosciolti dall’accusa di aver falsificato i bilanci delle stagioni 2003 e 2004 (senza i quali non potevano nemmeno iscriversi al campionato), perchè il fatto non costituisce più reato.

A distanza di una settimana, quando ancora non sono finiti i festeggiamenti, ecco notificare una nuova accusa ai dirigenti delle milanesi: deferimento per le plusvalenze.
I fatti si riferiscono ai bilanci che andavano dal giugno 2003 al marzo 2005 “per aver sottoscritto alcuni contratti di cessioni dei diritti alle prestazioni sportive di alcuni calciatori, con abnorme e strumentale valutazione delle medesime prestazioni sportive” si legge sulla motivazione. Le plusvalenze sono state considerate “fittizie” dal procuratore della Federcalcio Stefano Palazzi, che minaccia forti ammende e diffide per i diretti interessati, e cioè Adriano Galliani per la violazione dell’articolo 1 sulla lealtà sportiva, il Milan e l’Inter, per responsabilità diretta, e altri quattro dirigenti o ex dirigenti nerazzurri (tra cui anche Lele Oriali).

Edmundo pazzo per il carnevale!

Cosa sarebbe il Brasile senza il calcio ed il carnevale? Difficile da dire perché sono da sempre i due elementi che caratterizzano maggiormante quella parte di mondo, come il tango e la Pampa per l’Argentina o i wurstel e la birra per la Germania.

Chi dice Brasile poi, dice allegria, che viene messa a mo’ di condimento in tutte le manifestazioni che riguardano quella magnifica terra. Allegria nel calcio, con quel modo di fare che incanta e fa innamorare, perché conta si vincere, ma conta molto di più far divertire la gente; allegria a maggior ragione nel carnevale, ormai famosissimo a livello mondiale, considerato da tutti come il più bello in assoluto.

E pallone e carnevale spesso e volentieri vanno a braccetto, sia per l’abitudine consumata che c’è da quelle parti di associare le squadre di calcio alle varie scuole di samba, sia per la presenza massiccia dei calciatori, che per niente al mondo rinuncerebbero ad assistere all’evento dell’anno.

La classifica di Serie A senza errori arbitrali

Come sarebbe la classifica della Serie A, se gli arbitri avessero preso sempre la decisione giusta riguardo azioni determinanti per il risultato finale? E’ questa la domanda che l’Osservatorio, che ieri si è data una risposta certa: la classifica sarebbe totalmente stravolta. Il 52% delle partite del campionato maggiore italiano, è stato determinato da errori arbitrali e sono ben 156 i punti che sono stati assegnati a squadre favorite, piuttosto che a chi ha avuto meno fortuna con gli uomini di Collina.

Un nome per il presente ed il futuro: Mario Balotelli

E’stato definito la risposta nerazzura al milanista Pato, li accomunano giovane età, classe e goals.
Mario Balotelli ha soltanto 17 anni, ma sembra destinato, come il brasiliano del Milan, a far scintille in futuro e diventare un campione a tutti gli effetti.
Nasce a Palermo il 12 Agosto 1990, ma 2 anni si trasferisce a Brescia dove viene accolto dai Balotelli, che diventano la sua famiglia. A 5 anni i primi calci, nella squadra dell’oratorio parrocchiale di Mompiano e le sue doti gli consentono di giocare molto presto con ragazzi più grandi di lui. Nel 2001 si trasferisce nelle giovanili della Lumezzane, dove esordisce in prima squadra in serie C a soli 15 anni (grazie ad una deroga della Lega, dato che si può giocare tra professionisti solo a 16 anni), stabilendo un record storico, in quanto più giovane giocatore della storia della categoria.

21^ Le big stanno a guardare

Giornata sottotono la 21esima di campionato. Come dicevamo nei giorni scorsi, gli unici a sorridere veramente sono i portieri, dato che abbiamo 3 rigori parati. Il migliore per la Gazzetta,

Franco Di Santo: potenza argentina

C’era un tempo in cui l’Argentina era l’Eldorado, la terra promessa per migliaia di europei, (per lo più italiani) che salivano su una nave con una valigia di cartone piena di sogni e di speranze. Ora da lì partono giovani ambiziosi, che cercano nel Vecchio Continente il riscatto da una vita spesso difficile tra i campetti sterrati di periferia.

Certo ora ci sono i trolley e non c’è più bisogno di sopportare viaggi lunghi giorni e giorni per attraversare l’oceano, ma le speranze che animano questi ragazzi sono le medesime dei loro nonni. Il mondo sembra essersi capovolto ed ora la terra promessa, almeno dal punto di vista calcistico, è l’Europa.

Lo sanno bene i ragazzi sudamericani che cercano di mettersi in mostra nei vari tornei internazionali, pur di strappare un contratto ad un club d’oltreoceano. Il caso più eclatante in questo senso è quello dell’Argentina Under 20, completamente saccheggiata dalle squadre europee, che non si sono lasciate sfuggire l’occasione di assicurarsi i futuri fenomeni del pallone.

Cesare Prandelli concede il bis: miglior allenatore

Poteva vincerlo Mancini, tecnico dell’Inter dello scudetto finalmente conquistato sul campo, a quasi vent’anni di distanza da quello lontanissimo del 1989, poteva vincerlo Ancelotti, allenatore del Milan dei miracoli campione d’Europa e del Mondo, e invece il premio come miglior allenatore è finito per il secondo anno consecutivo nelle mani di Cesare Prandelli.

La soddisfazione poi è doppia se si considera che a votare non erano i giornalisti che, senza offesa per nessuno, potrebbero non capirci granché di schemi e tattica, ma gli stessi suoi colleghi, che evidentemente ne apprezzano le doti professionali.

E Cesare di pallone ne capisce, avendo calcato per anni i campi di calcio, sin dall’esordio in C1 con la maglia della Cremonese, quando guadagnava 50.000 lire al mese: un vero tesoro per lui che, orfano di padre, doveva provvedere alla famiglia. Poi una carriera in crescendo con l’Atalanta, che lo fece esordire in serie A, prima di cederlo alla Juventus, squadra con cui vincerà praticamente tutto quello che c’era da vincere (3 scudetti, 1 Coppa dei Campioni, 1 Coppa delle Coppe, 1 Coppa Italia ed 1 Supercoppa europea). Erano anni d’oro per la Vecchia Signora, un po’ meno per lui che veniva spesso relegato in panchina, con poche possibilità di mettersi in mostra.