Erano gli anni
del grande Real Madrid di Alfredo di Stefano che furoreggiava per tutta l’Europa, facendo man bassa di trofei. Erano gli anni
del grande Brasile di Pelè già due volte Campione del Mondo e squadra di grandi talenti.
Eppure in quegli anni una nuova stella si affacciava sul panorama internazionale mettendo in riga gli illustri colleghi. Stiamo parlando di Eusebio Da Silva Ferreira, detto semplicemente Eusebio o, se preferite, “la pantera nera”.
Nato in Mozambico e naturalizzato portoghese, è il più grande talento del calcio lusitano, capace con il suo stile di gioco di incantare le platee di tutta Europa e di strappare applausi a scena aperta. Scoperto giovanissimo nel suo paese d’origine, venne portato in Europa dallo Sporting Lisbona, che trovò nell’africano l’elemento su cui fondare una squadra di primissimo livello.
Potente, veloce, faceva del dribbing il suo punto di forza, lasciando gli avversari fermi sul posto ad ammirare cotanta meraviglia calcistica. Era inoltre dotato di una strabiliante facilità di tiro da qualunque zona del campo, pur non disdegnando il ruolo di assist-man. Africano di nascita, portoghese di adozione, ma brasiliano nelle movenze e nella fantasia del tocco di palla.
Nel suo palmares 11 campionati portoghesi, sette titoli di capocannoniere, 5 Coppe del Portogallo ed una Coppa dei Campioni nel 1962, proprio contro il Real Madrid dei fenomeni Di Stefano e Puskas, in una finale emozionante che lo consacrò definitivamente tra i grandi del calcio mondiale.
Il Portogallo non si fece sfuggire l’occasione di naturalizzarlo e con la maglia dei lusitani riuscì a compiere il miracolo che tutti attendevano da anni, trascindando la nazionale fino al terzo posto nei Mondiali del ’66 in Inghilterra. Nove i gol di Eusebio durante la manifestazione, tra i quali la doppietta al Brasile, campione nel mondo in carica, ed il poker alla Corea del Nord, in una delle gare più rocambolesche mai viste su un campo di calcio. Gli asiatici conducevano per 0-3, quando “la pantera nera” salì in cattedra, contribuendo alla rimonta, con quattro delle cinque reti messe a segno dai portoghesi.
Si dovettero poi fermare in semifinale davanti all’Inghilterra, futura campione del mondo, ma per Eusebio quel terzo posto rappresentò l’apice della carriera. Le vittorie sul campo si conquistano in 11, ma mai come in questo caso si può dire che un solo uomo è stato capace di trascinare una squadra tanto in alto.
Nessuno come lui in quella striscia di terra che si affaccia sull’Atlantico, né prima né in seguito, neanche il Portogallo che ha conquistato
l’argento agli ultimi Europei. Unico, inimitabile,
744 gol in 716 partite (e scusate se è poco): da quelle parti stanno ancora aspettando il suo erede.
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