Estudiantes-Milan 2-1: caccia a Combin!

di Redazione 2

Era il 23 ottobre 1969 e si giocava finale di ritorno della Coppa Intercontinentale tra l’Estudiantes ed il Milan. I rossoneri partivano alla volta dell’Argentina forti del 3-0 maturato in casa e quasi certi di riportare il trofeo in patria. Sapevano che gli avversari avrebbero tentato il tutto per tutto per ribaltare il risultato, ma mai potevano immaginare che la partita si sarebbe trasformata in un vero e proprio massacro.

Ma facciamo un passo indietro. Nel Milan giocava Nestor Combin, argentino di nascita, naturalizzato francese, che in quegli anni rappresentava per il suo paese d’origine l’uomo più odiato in assoluto. Che aveva fatto di male? Sei anni prima aveva ricevuto la chiamata alle armi, ma non era mai salito sull’aereo che lo riportava in Argentina per compiere il suo dovere di cittadino. Disertore?

No, perché nel frattempo aveva già svolto il servizio militare in Francia, paese di cui aveva preso la cittadinanza, e i due governi erano d’accordo sul fatto che il giovane avesse pienamente assolto ai suoi obblighi militari. Ma nessun giornale aveva mai menzionato quell’accordo, né all’epoca dei fatti né tantomeno alla vigilia della gara con il Milan. Combin quindi arrivava in sudamerica con la nomea di codardo e traditore. Questo l’antefatto, necessario per spiegare i motivi che trasformarono il terreno della “Bombonera” in un campo di battaglia (e non è un eufemismo!).


La prima vittima dell’eccessivo agonismo argentino fu Pierino Prati, quando al 16′ tentò un’azione di contropiede e venne atterrato da Aguirre-Suarez. Niente da recriminare sul fallo in sé, se non fosse che il portiere Poletti si avvicinò al giocatore a terra e lo colpì violentemente con un calcio tra la testa e la spalla. Prati si rialzò e continuò a giocare fino al 35′, quando su un’azione d’angolo finì a terra privo di sensi.

Intanto il Milan era andato i vantaggio con Gianni Rivera, servito proprio da Combin, ed a quel punto la violenza degli argentini si trasformò in ferocia, tanto che il mister, Nereo Rocco, ordinò ai suoi di non provare più le sortite in avanti. I minuti passavano con il Milan arroccato in difesa a cercare di salvare la porta e le gambe, e alla fine del primo tempo il risultato vedeva prevalere l’Estudiantes per 2-1.

Nella ripresa la musica era sempre la stessa: argentini con il coltello tra i denti e rossoneri chiusi davanti a Cudicini. Non c’era modo di passare e quando i sudamericani si resero conto di aver perso la coppa, cominciò una vera e propria caccia all’uomo. Combin era cercato in tutte le zone del campo ed ogni occasione era buona per rifilargli un pugno, un calcio, una spinta… Tutto questo fino al 22′, quando il libero Aguirre-Suarez si avvicinò all’attaccante mentre il gioco era fermo e gli rifilò un pugno tanto forte da farlo piegare in due dal dolore, completando poi il ko con una ginocchiata in pieno volto.

Il difensore fu espulso, mentre Combin fu costretto a lasciare il campo, ma i suoi guai non erano ancora finiti. Dopo il danno la beffa, come si suol dire: all’uscita dallo stadio venne prelevato dala polizia locale e portato in questura. Riuscì dopo una notte a dimostrare di essere nel giusto e potè raggiungere i compagni all’aereoporto.

Qui trovò altri agenti che cercarono di convincerlo a firmare una denuncia contro i suoi aggressori, ma lui si rifiutò:

Io non denuncio nessuno. Ciò che avviene sui campi di calcio è un affare di sport, non di polizia.

Era chiaro che voleva chiudere lì la faccenda e non alimentare le polemiche, ma la giustizia sportiva fece ugualmente il suo corso: Poletti venne squalificato a vita, mentre Aguirre-Suarez fu sospeso per trenta gare di campionato e per cinque anni dalle competizioni internazionali. E tutto questo per una partita di pallone!

Commenti (2)

  1. chissà se fosse successo oggi in che termini ne avremmo parlato!

  2. Ne avremmo sottolineato ugualmente la vergogna, anche se oggi siamo un po’ più tutelati a livello internazionale.

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