Serie B: FOTO della 21a giornata

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Foto: AP/LaPresse

Frammenti della ventunesima giornata di cadetteria che sanno arrivare dritti al cuore e stimolare riflessioni. Dopo l’omaggio della massima serie – che ne ha richiamato le perdite nel turno di campionato coinciso con l’Epifania – è toccato stavolta alla B inoltrare un saluto rispettoso alle figure di Enzo Bearzot e Matteo Miotto. Morti differenti, un unico e lungo istante di comunanza e silenzio. Come lo definisci – certe volte – il silenzio… Se sa essere abbraccio, val la pena raccontarlo.

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Il Modena che ferma la marcia della capolista ha i colori e i lineamenti di Cristian Pasquato: firmata la rete del raddoppio, il centravanti di cui si dice un gran bene raccoglie il pallone e lo infila sotto la maglietta. Per far sì che anche i più dubbiosi potessero interpretare nella maniera corretta il gesto, il giovane bomber mette poi il pollice in bocca a mo’ di ciuccio. Esultanza alla Totti? Considerata la prole e la carriera del 10 giallorosso, che possa essere per Pasquato il migliore degli auspici. Che succede al Novara? E’ affaticato, non brillante come in precedenza: per i piemontesi sarà il periodo più difficile. Superata questa fase critica, i sogni in grande stile saranno tutti leciti. Altrimenti il bus farà capolinea, in attesa del prossimo.

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Zitti zitti: quelli del Crotone (chi pensava che la Calabria fosse incarnata, calcisticamente parlando, solo dalla Reggina sbagliava di grosso) sudano, lottano e faticano. Un gol, poi l’altro, poi denti stretti e fiato inesauribile. 90′ di umiltà ben ripagati da quell’istante di gioia corale da condividere col pubblico. Bella realtà: se ne parla poco, facciamo ammenda pure noi. A Empoli la gioia di quel satanasso di Elvis Abbruscato mette in secondo piano quella di Tosto: non solo perchè per i toscani era una gara da vincere ma anche per il fatto che se dici Abbruscato, in un certo qual senso hai detto fiducia, tranquillità. Hai detto che dormi sereno.

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Un paio di calciatori, un arbitro, un allenatore, le chiazze verdi e inequivocabili di un campo da calcio e un carabiniere. Trova l’intruso… Il carabiniere? Esatto. Che ci farà mai nel bel mezzo di un rettangolo allestito per una partita di pallone? Chiedere a uno sparuto gruppo di tifosi del Piacenza e del Varese i quali, non contenti di seguire i primi una squadra che sta cercando di lottare con ogni mezzo per difendere la categoria e i secondi una rosa capace di ripagare con prestazioni sorprendenti, hanno pensato bene di trasformare lo stadio Garilli in un palcoscenico che avrebbe dovuto stare lì solo per loro. Le foto di quello che hanno fatto? Certo che ci sono, farle vedere e lasciare che un somaro decanti le proprie virtù davanti allo schermo e che possa poi dire “Quello sono io” non va. Non va. Allora, giusto per non equivocare, che si ponga l’attenzione su chi – obbligato a stare lì da quattro teppistelli – non è potuto essere altrove. E’ un uomo in divisa, rappresenta lo Stato. E noi, come i vicentini di Abbruscato (o i pescaresi di Sansovini e i piacentini di Cacia), dello Stato abbiamo fiducia.

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Tosta, per il Siena: due generazioni a confronto – il coriaceo e intramontabile Mondonico di fronte al rampante Conte – e un paio di certezze. La prima: il Siena vince e avvicina il Novara (dista solo due punti); avesse avuto l’organico dei toscani, il buon vecchio Mondo col fischio che avrebbe perso. Già così, a non uscire sconfitto, ci è andato vicino… E Trieste? Ci fosse stata la bora, avrebbe spazzato via i tifosi finti che hanno assistito inerti al doppio vantaggio dei locali: qualche individuo in carne e ossa c’era. Ha esultato. Ha approvato. Arriva il calore, da corpo a corpo, in mezzo a tanta freddezza (del clima, dell’artificio)? Testini e Della Rocca sembrano averlo sentito. Noi, per la verità, fatichiamo a percepirlo. Anche per aspetti simili, uno come Bearzot, quel tempo là non possono non essere ricordati con rammarico. Il rammarico suscitato da evidenti storture di questo tempo qua…

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