Raddoppia l’appuntamento settimanale con Euro 2008 sulle pagine di Calciopro, che toglierà spazio per un po’ alla rubrica dedicata ai volti nuovi. Ce ne scusiamo con gli affezionati lettori, ma la manifestazione continentale regina a livello di nazionali, non può che avere la precedenza su qualunque altro argomento. Torneremo comunque ad occuparci di giovani promesse tra qualche settimana, non appena avremo completato la storia degli Europei dal 1960 ad oggi.
Oggi è la volta
di Spagna 1964, considerato a pieno titolo la prima vera edizione degli Europei di calcio. Se
nel ’60, infatti, molte squadre
si erano rifiutate di partecipare per motivi politici (l’apertura alle squadre dell’est) o di snobismo per la manifestazione, alle qualificazioni del ’64 si presentarono
ben 28 nazionali, comprese
l’Italia e l’Inghilterra, che avevano finalmente capito l’importanza dell’evento.
Esordio dunque per la nazionale azzurra, guidata da Edmondo Fabbri, che nel primo turno si trovò ad incrociare la Turchia, eliminata con facilità grazie ad un 6-0 in casa ed un 1-0 nel ritorno. Negli ottavi però arrivò l’ostacolo Urss, campione in carica e decisa a raggiungere nuovamente la finale ad ogni costo. Ed il prezzo lo pagò la povera Italia, intimidita dall’atteggiamento non certo cortese dei sovietici, che non esitavano a stampare i propri tacchetti sulle gambe degli avversari. Finì che all’ennesimo fallo del difensore Dubinsky, Pascutti reagì con un pugno (passato poi alla storia come “il pugno di Mosca”) e fu espulso da un arbitro che fischiava un po’ troppo a senso unico.
L’Italia perse 2-0 e nel ritorno non riuscì a ribaltare il risultato, né a dimostrare le potenzialità che pure aveva, con giocatori del calibro
di Mazzola, Rivera,
Corso, Bulgarelli e Trapattoni. Si continuò quindi senza l’Italia e si arrivò alla fase finale in Spagna, con i padroni di casa opposti
all’Ungheria e l’Urss che se la doveva vedere con
la sorpresa Danimarca, giunta inaspettatamente alla semifinale.
Più difficile del previsto l’impegno della Spagna, a causa dell’esclusione dall’undici di partenza
di giocatori come Puskas, Di Stefano,
Gento e Del Sol, ai quali l’allenatore Villaniga preferì giovani forti fisicamente e affamati di vittorie. La finale venne conquistata solo dopo
120 minuti di gioco, grazie ad un gol di Amancio, vera rivelazione delle Furie Rosse
insieme a Suarez. Nell’altra semifinale nessun problema per i sovietici, che, con la solita esperienza, fecero un sol boccone
dei semidilettanti danesi.
La finale dunque metteva di fronte le due squadre che quattro anni prima non si erano potute incontrare a causa del veto del Generale Franco, che impedì di fatto alla Spagna di scendere in campo a Mosca. Si prennunciava una grande partita, ma alla fine vinse il caldo e la formazione che era più abituata a giocare sotto il sole cocente. L’Urss riuscì a reggere per un solo tempo, riuscendo anche a pareggiare con Schussanov l’iniziale gol di Pereda, ma poi dovette cedere alla fatica e ad un clima improponibile per chi è abituato al gelo di Mosca e dintorni.
Una grande vittoria per la Spagna, ma soprattutto una vittoria per il tecnico, che nonostante l’esclusione dei cinque volte campioni d’Europa del Real Madrid, riuscì a conquistare il trofeo. A dimostrazione del fatto, ancora una volta, che non si vince solo con i nomi. O almeno non sempre!