Lo scudetto è stato un sogno cullato a lungo e visto sfumare a pochi passi dal traguardo, ma ora che siamo alla fine dei conti il Napoli non può perdere l’occasione di agguantare un posto in Champions, ciliegina sulla torta di una meravigliosa stagione. Il confronto con il Genoa non era dei più agevoli, ma Mazzarri chiedeva ai suoi un ultimo sforzo per restare in scia dell’Inter e staccare di 8 punti – seppur momentaneamente – la Lazio.
Missione compiuta non senza fatica né senza patemi d’animo per il caloroso e bagnato pubblico del San Paolo, che per esultare al gol di Hamsik ha dovuto attendere fino al minuto numero 83. Ma alla fine contano i tre punti ottenuti sul campo ed i 68 in classifica, ad una sola lunghezza dall’Inter seconda.
Anticipo della trentacinquesima giornata di serie A.
Stadio San Paolo, Napoli: Napoli-Genoa 1-0
Rete: 38′ st Hamsik (N)
Napoli – Genoa 1-0
Crollano ambizioni e motivazioni nell’istante in cui svaniscono aspettative rincorse, inaspettate e disattese. Due partite nate male e finite in maniera scialba sono bastate al Napoli di Walter Mazzarri per accantonare quel pensiero costante – mai pronunciato, ma era scaramanzia – chiamato tricolore. Non certo a dimenticare lo straordinario percorso sportivo intrapreso e portato avanti dalla rosa azzurra, rivelkazione autentica del campionato a prescindere da come andrà a finire. Secondo o terzo posto, venendo meno il gradino principale, sono a conti fatti un dettaglio messo lì solo a far lustrare annali e statistiche. Arrendersi mai, tuttavia: cavalcando il motto del proprio, coriace allenatore, i partenopei ci proveranno fin’oltre una condanna – impetuosa – della matematica.
Neppure il Genoa, in realtà, pare avere molto altro da domandare a una stagione non esaltante: salvezza tranquilla e nulla più. Con tali presupposti, e il rafforzativo garantito dalla pluriennale amicizia che lega i due opposti schieramenti di tifosi, il clima nel quale lo stadio San Paolo accoglie le due formazioni pare subire gli effetti di una pacifica condivisione di destini e prese d’atto. Sarà festa, in ogni caso: per il fatto che, a questo punto, va celebrata l’annata più che il singolo punteggio.
Pochi punti separano il Milan dalla conquista dello scudetto, ma Leonardo non si dà per vinto e vuole insidiare i cugini fin quando la matematica non mortificherà le speranze nerazzurre. Nella sfida contro il Cesena, dunque, l’Inter era obbligata a vincere al cospetto di una squadra che sta ancora inseguendo il sogno salvezza e che veniva da una striscia positiva.
Pimpante il Cesena nella prima parte di gara con un paio di azione che avrebbero potuto far male. Poi erano gli ospiti a proporsi in avanti ed a giostrare il possesso palla, ma al termine della prima frazione di gioco il tabellone luminoso segnava 0-0.
Anticipo della trentacinquesima giornata di serie A.
Stadio Manuzzi, Cesena: Cesena-Inter 1-2
Reti: 11′ st Budan (C), 46′ st e 50′ st Pazzini (I)
Cesena – Inter 1-2
Pare che il campionato sia stato scritto ancora prima che Inter e Cesena scendessero in campo. Troppo distante il Milan, e poche le giornate a disposizione, per poter pensare che gli uomini di Leonardo possano riscrivere quel che tutti si è già letto: il tricolore è cucito sulle maglie dei calciatori in quota ad Allegri. Lo si pensava precedentemente alla gara del Manuzzi ma ne si è evidentemente convinti ugualmente adesso. Che l’inter, da Cesena, è uscita a testa alta solo grazie a un finale di gara vissuto sulle spalle di Giampaolo Pazzini.
A pesare, stavolta, sembrava esssere non la differenza di organico ma quella motivazionale: troppo affamati e nella necessità di fare punti, gli emiliani, per consentire di prestare il fianco al vezzo di un club, quello nerazzurro, il cui unico obiettivo sarebbe semmai potuto essere quello di allungare i tempi di attesa dei cugini. Invece, i nerazzurri che già conosci, quelli capaci di tutto e del suo contrario, si tolgono un misero sassolino dalla scarpa e decidono di tenere virtualmente aperto il campionato. Decide Pazzini allo scadere di frazione, quasi che il Paz abbia voluto – pensando alla sua ex squadra – giocare più per tenere a galla la Sampdoria che per la convinzione di avere ancora chances di intascare lo scudetto. Leonardo sceglie Milito quale partner d’attacco di Eto’o e fa accomodare in panchina Pazzini. Julio Cesar squalificato, in porta c’è Castellazzi. Di contro, Ficcadenti deve fare a meno di Bogdani, tra le riserve per una condizione di forma non ottimale, e lancia quale riferimento offensivo Budan.
Secondo Leonardo il ciclo dell’Inter non è finito. Ma avrà ragione oppure no? Nella sede di palazzo Durini ci stanno pensando da tempo. Sicuramente c’è da cambiare, visto che la rosa ha un’età media elevata e le tante vittorie potrebbero aver spento la fame di vittorie di qualche giocatore.
Il problema è l’ampiezza del cambiamento da operare. Una delle possibilità è quella di far cassa con la cessione di calciatori come Diego Milito e Maicon. Un anno fa avrebbero fatto entrare nelle casse nerazzurre cifre molto più sostanziose, ma anche ora, nonostante la svalutazione dovrebbero garantire una trentina di milioni di euro – oltre a liberare l’Inter da un paio di stipendi pesanti.
Rimandato di 4 giorni il destino del Bari. Siamo ormai sul filo di lana, il 15 maggio scade il termine per il pagamento degli emolumenti arretrati per calciatori e staff, e l’attuale società non è ancora sicura di riuscire a coprirli. Per questo diventa fondamentale che il Bari acquisisca nuovi capitali, e questi potrebbero arrivare dalla cordata di imprenditori locali (Vito De Gennaro, Vito Ladisa e Pasquale Guastamacchia), decisi ad entrare nel club non acquistando l’intero pacchetto, ma almeno una parte di esso.
La famiglia Matarrese infatti, dopo 30 anni di potere incontrastato nella società, non ce la fa più con le sue forze a sostenere le spese. Gli stipendi di gennaio, febbraio e marzo non sono stati versati e, se non lo saranno nemmeno dopo il 15 maggio, in via Torrebella arriverebbe una multa salata e una penalizzazione di almeno un punto in classifica. Almeno su questo non ci sono problemi, visto che la squadra è già retrocessa matematicamente.
Un nome che sembra uno scioglilingua, Denis Stracqualursi, 23 anni, potrebbe essere il prossimo fenomeno che i club di mezzo mondo si contendono sul mercato. A seguirlo in Italia c’è il Catania, ma anche il Napoli che fino a ieri si vociferava avesse perfino offerto 8 milioni al Tigre, la squadra in cui milita, per ingaggiarlo.
L’offerta è stata smentita dalla società, ma si tratta del solito tira e molla tra un club che vuole acquistare un giovane interessante e l’altro che non vuol perdere un possibile campione, almeno non per pochi soldi. Stracqualursi è un centravanti di sfondamento, un ragazzone di un metro e 90 che ha dalla sua il passaporto comunitario che può sempre far comodo.
Una indiscrezione circola nei corridoi nerazzurri da qualche giorno: Diego Simeone sta facendo le prove generali in quel di Catania per poter tornare all’Inter, come fece da calciatore, nella prossima stagione. L’idea stuzzica molti “romantici”, ma non Leonardo che si tiene stretta la panchina e rilancia la sua candidatura per la prossima stagione:
Oggi più che mai mi sento molto più forte come allenatore e sono sempre convinto di continuare in panchina. Il mio punto fermo è il bel gioco, ma posso cambiare idea, sono una metamorfosi che cammina.
Non c’è pace per il Bologna. L’ultima testa a saltare è quella del direttore sportivo Carmine Longo, alla fine di una querelle che andava avanti da qualche giorno. Il sessantaseienne dirigente era stanco dei tanti problemi societari del club, dopo i tanti presidenti cambiati in pochi mesi, e i soldi messi e tolti dalle sue disponibilità.
Così pochi giorni fa ha dichiarato di essersi stancato (“non voglio prendermi un coccolone” aveva detto), ed ha così deciso di rimanere fino alla fine del campionato, ma senza l’incarico di costruire una squadra per la prossima stagione. Una decisione che ha spiazzato tutti, visto che stava lavorando per la cessione di Viviano e Ramirez all’Inter e aveva assunto l’arduo compito di riportare la calma in uno spogliatoio spaccato in diverse parti.
Real Madrid-Barcellona non si è conclusa al triplice fischio di mercoledì sera, ma continua a scaldare gli animi ed a occupare le prime pagine dei giornali. A gettare benzina sul fuoco, dopo lo sfogo di Mourinho e la denunciapresentata dal Barcellona – ci si mette il sito delle merengues, che pubblica una serie di fotogrammi, nei quali verrebbe dimostrata la parziale innocenza di Pepe, cacciato per fallo su fallo Dani Alves, mentre il brasiliano del Barça viene definito “tramposo” (imbroglione). Josè Mourinho non usa l’estintore e rincara la dose:
Chi critica le mie parole, critica le immagini. Chi fa una cosa del genere deve pensare che ci siano state delle modifiche con Photoshop o crede che i video siano stati ritoccati. Non è così e vado avanti, tranquillo come sempre. Quei filmati valgono più di mille parole.
Sono trascorsi quasi quattro mesi da quel maledetto 6 gennaio, di ritorno dalle vacanze di Natale, quando Fabio Quagliarella precipitò a terra tenendosi il ginocchio nella gara (poi persa) contro il Parma. La diagnosi per l’attaccante della Juventus fu atroce: rottura del crociato, operazione e lunga riabilitazione prima di tornare a calcare i campi verdi. Ma ora il peggio è passato e Quagliarella vuole riprendersi quello che il destino gli ha negato nel bel mezzo della stagione:
E’ stata dura lavorare 6 ore al giorno durante la riabilitazione, mentalmente è stata una vera sfida. Ma non ho mai mollato, e ora torno ad allenarmi in campo dopo 3 mesi e mezzo. Mi chiedono tutti quando rientrerò, non c’è ancora una data precisa. Vediamo come reagisce il ginocchio, ho pochissima autonomia, forse ci sarò per qualche spezzone nelle ultime due gare del campionato. Dal ritiro del prossimo anno l’infortunio sarà un ricordo, come se non fosse mai successo nulla.
Per i francesi sarebbe “Il nuovo Anelka”. Anche se di mestiere fa l’ala e non il centravanti, ricorda nel fisico e nelle qualità tecniche l’attaccante del Chelsea.
Non è la sola cosa che Jean-Christophe Bahebeck, 183 cm e tra pochi giorni diciotto anni, ha in comune con lui. Tutti e due sono cresciuti nel Paris Saint-Germain. E potrebbero anche condividere la partenza anticipata dalla squadra francese per pochi euro.
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