Moggi: la Juve è diventata una provinciale

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Foto: AP/LaPresse

Doveva essere la stagione della rinascita, dopo l’annata storta della gestione Ferrara-Zaccheroni. Non che la Juve mirasse alla conquista dello scudetto, ma si sperava almeno che l’arrivo della coppia Delneri-Marotta e l’acquisto di un gran numero di giocatori nel calciomercato estivo consentissero ai bianconeri di vivere una stagione tranquilla a ridosso delle prime della classe. E invece le batoste arrivano l’una dopo l’altra, anche e soprattutto con squadre di media classifica, tanto che il futuro del tecnico non è più così certo come si predicava qualche settimana fa. Tutta colpa di Delneri? No, a sentire Luciano Moggi:

L’avevo detto in estate: invece di ricostruire, chi è arrivato ha finito per distruggere del tutto la Juve. Non serviva una rivoluzione, ma solo 2-3 nuovi innesti di valore. La squadra è stata invece assemblata malissimo, senza né personalità né qualità, rovinando anche il precedente gruppo. I colpevoli? Chi ha permesso a Marotta di comprare 15 giocatori. Fosse per me li rivenderei tutti, salvando il solo Krasic. Hanno reso la Juve una provinciale capace di vincere contro le grandi quando gli stimoli la fanno da padrone per poi poter perdere però contro chiunque in malo modo, per la mancanza di classe.

L’ex dirigente bianconero continua nella sua disanima dei fatti, facendo nomi e cognomi:

Mi dispiace, ma i tifosi si mettano l’anima in pace: questa squadra può arrivare al massimo quinta o sesta. Quello è il reale valore della rosa. Contro il Bologna Bonucci ha mostrato tutte le sue lacune, dimostrando di non valere la cifra spesa per lui, e l’arrivo di Gennaio di Barzagli non ha fatto altro che peggiorare la difesa della Juve mandando in crisi anche Chiellini.

Questa Juve dunque non ha futuro, non in questa stagione, mentre per le prossime la dirigenza sarà chiamata a cambiare politica, se vorrà competere con le squadra che lottano per lo scudetto o per le prime posizioni di classifica. Intanto tornano di moda i nomi di Lippi, Capello e Spalletti, tutta gente che quantomeno pretenderebbe una rosa competitiva, senza accontentarsi dei giocatori offerti in saldo, spacciati per campioni, ma in realtà non all’altezza del blasone di quella che una volta era una grande e che ora non è altro che una provinciale.

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