Eto’o difende Benitez

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Foto: AP/LaPresse

Era a arrivato a Milano tra fanfare e squilli di tromba, assumendosi il non facile compito di sostituire Mourinho, ‘allenatore simbolo della rinascita nerazzurra, colui che in un solo anno ha conquistato tutto quello che c’era da conquistare, riportando l’Inter sul tetto d’Europa dopo 45 anni di digiuno.

Compito ingrato per Rafa Benitez, incapace di entrare nei cuori dei tifosi e nella testa dei giocatori, per dimostrare loro che non si può smettere di aver fame solo dopo aver gustato un (seppur ricco) antipasto. Lo spagnolo ha fatto il proprio dovere, portando a Milano una Supercoppa Italiana ed il Campionato del Mondo per Club e mancando solo l’appuntamento con la Supercoppa Europea, lasciata ai connazionali dell’Atletico Madrid. Ma questo non è bastato per salvare il posto, né è servito per avere la gratitudine dei suoi uomini, molti dei quali hanno esultato nel momento dell’addio. Molti, ma non Samuel Eto’o, che ad un mese di distanza dell’esonero del tecnico torna sull’argomento dalla poltrona del Chiambretti Night per difenderne l’operato.

Fino alla partita con la Juve abbiamo giocato bene, poi qualcosa si è rotto. Ci sono delle cose che succedono negli spogliatoi e ce le teniamo per noi, ma comunque non sono d’accordo con certe critiche gratuite rivolte a Benitez. Io di certo non potevo fargli la festa, anche perché lo conosco da quando avevo 17 anni e con lui ho sempre avuto un ottimo rapporto, ma sono cose che succedono… Inutile cercare un colpevole. Non posso far altro che ringraziarlo perché ci ha fatto vincere delle coppe.

Poi il pensiero va al nuovo allenatore dell’Inter, Leonardo:

Sta facendo bene ed è un’ottima persona. E quando un allenatore è un’ottima persona è una cosa buona.

Immancabile una battuta su Mourinho:

Lui è un vero numero no, un vincente. Lo scorso anno mi ha fatto capire che pur di vincere, in qualche occasione avrei dovuto adattarmi a fare anche il terzino. L’ho ascoltato e abbiamo vinto tutto.

E forse la differenza tra lo Special One e Rafa Benitez sta proprio in queste parole: il primo sapeva come farsi ascoltare, mentre il secondo predicava nel deserto.

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