“Tutti insieme per Neurothon”: questa la scritta impressa su uno striscione che ha accompagnato ieri l’ingresso in campo di Juventus e Torino, nell’ambito dell’iniziativa, che intende promuovere e sostenere il progetto “L’officina del cervello”. Un sms per finanziare la ricerca sulle cellule staminali celebrali, affinché si possa trovare una cura per malattie tuttora incurabili, come ad esempio il Morbo di Gehrig, noto per aver provocato la morte di numerosi sportivi.
Calcio e solidarietà, dunque, ancora insieme, a dimostrazione del fatto che sarà pure un mondo dove l’interesse economico viene prima di ogni altra cosa, ma quando c’è da dare il proprio contributo per una buona causa, non si tira mai indietro, facendo valere le ragioni del cuore. Ed è per questo che le grandi associazioni umanitarie offrono sempre più spesso ai calciatori il ruolo di testimonial o di ambasciatori, chiedendogli di impegnarsi in prima persona a sostegno delle varie iniziative.
Di esempi se ne potrebbero fare a centinaia, partendo
dall’Unicef, che vanta tra i propri Goodwill Ambassadors nomi come
Gianfranco Zola, Paolo Maldini, Francesco Totti e
David Beckham. Calciatori molto rappresentativi, che prestano
la propria immagine per sostenere numerose iniziative
a favore dell’infanzia.
Innumerevoli i progetti “sposati” dai vari campioni: da “Adotta una pigotta”, che si prefigge lo scopo di vendere bambole di pezza nel periodo natalizio, a “Un mondo a misura di bambino”, fino ad arrivare a “Scuole per L’Africa”, finanziata in parte da Francesco Totti, con il ricavato della vendita del servizio fotografico sul suo matrimonio.
Non solo Unicef, però. Altri campioni come
Roberto Baggio, Raul, Ronaldinho, Kakà mettono a disposizione
il loro tempo e la loro popolarità per concentrare l’attenzione sulla fame nel mondo. Sono loro i cosiddetti
“Ambasciatori di buona volontà” della FAO, associazione a livello mondiale, che si prefigge lo scopo
di creare risorse nei paesi più poveri, evitando l’emigrazione ed aiutando lo sviluppo economico interno.
I campioni vengono quindi “utilizzati” per prestare la propria immagine, al fine di raccogliere quanti più fondi possibile, ma si può essere generosi anche
senza alcun titolo di ambasciatore e, come detto all’inizio, il calcio è pieno di esempi. Basti pensare
ai vari calendari che le squadre fanno stampare per sostenere progetti più piccoli, ma non meno importanti,
alle iniziative editoriali, alla partite amichevoli e alle iniziative personali (l’associazione messa su da
Ferrara e
Cannavaro, per aiutare i ragazzi in difficoltà, tanto per fare un esempio).
Tanti gesti di solidarietà che spesso non vengono messi in risalto dai media, ma che garantiscono una vita migliore per qualcuno. E almeno in questo, i calciatori sono tutti campioni!