Salto indietro nel tempo quest’oggi, molto indietro, per incontrare il “portiere del secolo” secondo la classifica Iffhs, Lev Yashin. Anche qui, come per molti altri campioni del passato presentati su queste pagine, è difficile trovare qualcuno che abbia memoria delle sue esibizioni, ma stando ai filmati d’epoca ed alle biografie si può certo immaginare la grandezza di questo numero uno nella sua epoca e in assoluto.

La sua storia è una serie infinita di aneddoti, come quello che vuole “portiere di fabbrica”, non perché controllasse le entrate e le uscite sul posto di lavoro, ma perché si dice che i suoi colleghi gli lanciassero dei bulloni, per verificarne i riflessi. Aveva solo 12 anni Lev e già era costretto a lavorare per mantenersi, figlio di quella Russia povera, immersa nel secondo conflitto mondiale.

Ma la vita grama durò poco e le sue doti eccezionali vennero ben presto notate dagli osservatori della Dinamo Mosca che si assicurarono le sue prestazioni. Il suo debutto nello sport però non avvenne in ambito calcistico, ma su un campo di hockey, dove il giovane Yashin riuscì a conquistare il titolo di campione dell’Urss. Poi il passaggio al calcio e la lunga carrriera a difesa della porta della Dinamo, con la quale vincerà cinque campionati e tre Coppe di Russia.


Difficilmente tentava la presa, preferendo rilanciare il pallone il più lontano possibile per evitare guai, eppure la sua presenza tra i pali dava sicurezza a tutto il reparto arretrato. Una fiducia conquistata a suon di prestazioni al di sopra della media, con 150 rigori parati nel corso della carriera e la bellezza di tre mondiali giocati da titolare (più uno come secondo nel 1970). Grazie alle sua parate l’Urss riuscì anche ad assicurarsi il titolo di Campione d’Europa nel 1960, prima squadra in assoluto a vincere la competizione continentale.

Si racconta anche che dopo ogni rigore respinto Lev trovasse un quadrifoglio nei pressi della rete: un tipo fortunato, ma lo erano molto di più i suoi compagni ad averlo in squadra.

326 gare giocate con la stessa maglia, di cui 207 senza prendere gol: numeri che fanno impressione e che spiegano come mai ad oggi sia l’unico numero uno ad essersi aggiudicato il Pallone d’Oro.

Il Ragno Nero (chiamato così per via del colore della divisa che indossava) morì nel 1990, consumato da un cancro allo stomaco, dove aver subito l’amputazione di una gamba quattro anni prima. A lui è dedicato un premio, assegnato ogni quattro anni al miglior portiere dei Mondiali di calcio e finora vinto da Michel Preud’Homme, Fabien Barthez, Oliver Kahn e Gigi Buffon.

E chissà se tra questi il grande Lev avrebbe individuato il suo erede…

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