Che fine ha fatto Fabien Barthez?

Fabien Barthez, il miglior portiere della storia del calcio francese. Sarà che delle volte ha fatto qualche intervento discutibile, ha preso qualche gollonzo (capita a tutti i portieri) o per il suo carattere un po’ particolare, ma questo titolo non trova d’accordo tutti gli esperti di calcio. Certo che però, andando a rivangare la storia calcistica d’oltralpe, difficilmente troveremo un portiere in grado di vincere un mondiale, un europeo, ed arrivare secondo all’ultimo della sua carriera. Senza contare Confederations Cup, scudetti in Inghilterra e Francia, una Champions League e tanti altri trofei.

Di lui ci si ricorda il famoso bacio che Blanc gli dava sulla testa pelata prima di ogni gara della Francia, e le uscite non proprio consone ad un calciatore, con modelle del calibro di Linda Evangelista. Di lui però ci si ricorda soprattutto per quello che ha fatto con la maglia della nazionale francese, e un po’ meno con quelle di Manchester United, Monaco ed Olympique Marsiglia. Dopo il mondiale 2006 però è letteralmente scomparso.

Chelsea: il campione senza braccia che ha commosso il mondo

L’immagine è scioccante e forse poco adatta ad un sito che tratta di calcio, ma il dovere di cronaca ci impone a volte di mostrare anche il lato peggiore della vita. Chiedo scusa anticipatamente ai lettori che possono sentirsi “disturbati” dalla visione di un corpo martoriato, ricordando che per il protagonista della vicenda quella foto rappresenta ora un lontano ricordo, sebbene ancora forte.

Dopo la premessa necessaria, passiamo a raccontare la storia di quello che all’epoca dei fatti era solo un bambino. Era il 30 marzo 2003, una domenica di guerra come tante altre in quel di Bagdad, quando un missile americano centrò in pieno la casa in cui viveva Ali Abbas con tutta la sua famiglia. Risultato: braccia amputate per lui e morte per 14 suoi parenti, tra i quali i genitori e due fratelli.

In breve Ali Abbas diventò il simbolo della guerra in Iraq e le immagini di quel corpicino fecero il giro del mondo, tanto che qualcuno si offrì di pagare 10 mila dollari per trasportarlo in una struttura specializzata. Poi il viaggio della speranza in Inghilterra, dove lo aspettavano due protesi da 28 mila euro l’una, e qui cominciò la sua nuova vita, con un solo grande sogno: continuare a giocare a calcio. Non più da portiere, come quando era un bambino e adorava Barthez, ma usando almeno le gambe.

Lev Yashin: il portiere del secolo!

Salto indietro nel tempo quest’oggi, molto indietro, per incontrare il “portiere del secolo” secondo la classifica Iffhs, Lev Yashin. Anche qui, come per molti altri campioni del passato presentati su queste pagine, è difficile trovare qualcuno che abbia memoria delle sue esibizioni, ma stando ai filmati d’epoca ed alle biografie si può certo immaginare la grandezza di questo numero uno nella sua epoca e in assoluto.

La sua storia è una serie infinita di aneddoti, come quello che vuole “portiere di fabbrica”, non perché controllasse le entrate e le uscite sul posto di lavoro, ma perché si dice che i suoi colleghi gli lanciassero dei bulloni, per verificarne i riflessi. Aveva solo 12 anni Lev e già era costretto a lavorare per mantenersi, figlio di quella Russia povera, immersa nel secondo conflitto mondiale.

Ma la vita grama durò poco e le sue doti eccezionali vennero ben presto notate dagli osservatori della Dinamo Mosca che si assicurarono le sue prestazioni. Il suo debutto nello sport però non avvenne in ambito calcistico, ma su un campo di hockey, dove il giovane Yashin riuscì a conquistare il titolo di campione dell’Urss. Poi il passaggio al calcio e la lunga carrriera a difesa della porta della Dinamo, con la quale vincerà cinque campionati e tre Coppe di Russia.

Da Tardelli a Rozzi: la scaramanzia nel calcio

Corna e cornetti, ferri di cavallo ed amuleti di ogni genere: non siamo al festival anti-jella, ma in qualunque spogliatoio di calcio che si rispetti. O credevate forse che le partite si vincano solo comprando fior di giocatori?

E allora chiedetelo ai vari protagonisti della domenica, che si esibiscono in veri e propri riti scaramantici per attirare la buona sorte. Nessuno ne parla, ma basta osservare calciatori, allenatori e persino presidenti, per rendersi conto che certi gesti ripetuti all’infinito altro non sono che pura superstizione.

Dalla barba incolta di Amadei, alla scarpa sinistra di Zambrotta infilata sempre per prima, dall’abitudine di Sivori e Maradona di dirigersi palla al piede verso la porta, prima dell’inizio della partita, per poi calciare senza portiere, ai due fili d’erba strappati e poi masticati da Nicola Caccia: sono solo alcuni dei riti che i calciatori non dimenticherebbero mai di compiere.

Fabien Barthez: dopo il calcio, un’accademia per portieri

Può un uomo che ha passato gran parte della sua vita a correre e sudare su un campo di calcio, vivere lontano dal calcio? Beh, a dire il vero lui ha corso e sudato veramente poco, facendo il portiere di professione, ma Fabien Barthez difficilmente riuscirà a resistere al richiamo del prato verde. Si dice felice della sua vita da pensionato nella splendida villa del XVII secolo alle porte di Tolosa, dove trascorre le giornate tra la piscina, le passeggiate nel bosco e la vita familiare, ma non nega di avere progetti importanti per il futuro.

Il suo sogno è quello di metter su un’accademia per portieri, per insegnare ai ragazzi del futuro quanto di buono ha imparato in tanti anni di carriera: “Un modo per restituire quanto ho ricevuto”.

Ed ha ricevuto veramente molto questo personaggio anomalo e discusso, che a guardarlo somiglia più ad un centrocampista alla Gattuso che non all’ultimo baluardo della difesa. Portiere lontano dallo stereotipo classico, che vuole il numero 1 dotato di notevole altezza, è comunque riuscito a togliersi diverse soddisfazioni in tutte le squadre in cui ha militato.