Diego Armando Maradona: Pibe de Oro e Mano de Dios

di Redazione 18

Mai nessuno come lui, non in Italia, non davanti a questi occhi che pure ne hanno visti di giocatori calcare un campo di pallone. Era l’estate del 1984 quando Diego Armando Maradona sbarcò a Napoli ed a distanza di un quarto di secolo ancora non si riesce a trovare qualcuno che possa lontanamente avvicinarsi al mito che ha rappresentato per una città, per un intero popolo, per il mondo del calcio in generale. Unico ed irripetibile nel bene e nel male.

E se siete tra quelli che fanno una sola cosa dell’uomo e del calciatore, abbandonate pure questa lettura, perché qui troverete solo la grandezza infinita di colui che era “il calcio” fatto uomo. A Napoli lo sospettavano sin dalla presentazione, da quel 5 luglio 1984 in cui il San Paolo si riempì magicamente, per assistere solo ai palleggi del ragazzotto riccioluto e tarchiato proveniente da Barcellona.

A lui sarà parso di rivivere i giorni dell’infanzia, quando veniva ammirato nelle sue esibizioni, durante l’intervallo delle partite dell’Argentinos Juniors. Solo lui in mezzo al campo, con quel pallone da tenere in aria in una serie infinita di palleggi, tra gli applausi del pubblico che se ne infischiava della partita e chiedeva: “Que se quede, que se quede” (fatelo restare). Era la nascita di un mito e chissà se quel pubblico si rendeva conto di quello che sarebbe diventato di lì a poco quel piccolo giocoliere!


L’esordio in prima squadra non ancora sedicenne attirò l’attenzione degli addetti ai lavori, tanto che cinque mesi più tardi Diego vestiva già la maglia della Nazionale. Non venne convocato per i Mondiali del ’78 perché ritenuto troppo giovane, ma avrà modo di rifarsi alla grande del torto subito. Dopo un anno al Boca Juniors, che conduce per mano alla vittoria del campionato, approda in Europa, alla corte del Barcellona. Due stagioni con la maglia blaugrana, di cui una passata quasi interamente a riprendersi dalla frattura di una caviglia e del legamento, procuratagli da un’entrata assassina di Andoni Goicoechea.

Poi finalmente Napoli e la gloria che forse nemmeno lui si aspettava. Una città ai suoi piedi, un popolo che l’ha accolto come un messia ancor prima di vederlo correre dietro ad un pallone. Sette anni di amore profondo ed indissolubile con la conquista di 2 scudetti, una Coppa Italia, una Supercoppa e una Coppa Uefa, il tutto condito da 115 gol in 188 partite!

Maradona diventò figlio di Napoli, re di una terra che trovava il riscatto in quel piede sinistro vellutato e micidiale, capace da solo di prendere a calci lo strapotere del nord. Uomo simbolo della squadra, anzi uomo-squadra, l’unico al mondo capace di giocare da solo, di vincere da solo.

Ne sa qualcosa l’Inghiterra purgata da Diego in una gara che è rimasta stampata negli occhi di tutti gli amanti del bel calcio. Come non ricordare quella mano messa proprio lì, dove la testa non può arrivare, e poi quel gol strepitoso dopo una serie incredibile di dribbing? Mano de Dios e Pibe de Oro nella stessa gara, che spalancò le porte verso la conquista del Mondiale Ed è così che ci piace ricordarlo, il resto fa parte di un’altra storia che merita una puntata a sè.

Il Maradona calciatore è questo: senza eredi, perché unico al mondo!

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