Rigore c’è quando arbitro fischia: le frasi celebri di Boskov&Co.

di Redazione 2

Avrebbe potuto riscrivere il regolamento a modo suo Vujadin Boskov, che nel corso degli anni passati in Italia ad allenare ci ha regalato delle vere e proprie chicche linguistiche durante le numerose interviste. Ovvietà, questo erano le sue parole, ma dette da lui riuscivano sempre a strappare un sorriso ed alcune sono riportate ancora adesso nella letteratura sportiva.

Ma di calcio ne capiva il buon Vujadin e prima d ogni altro era riuscito a rendersi conto che “per vincere una partita bisogna fare più gol” e “per fare gol bisogna tirare in porta”, dopodiché “se vinciamo siamo vincitori e se perdiamo siamo perditori”: lapalissiano, ma quanti ci avrebbero pensato?

Grande Boskov, non solo impareggiabile nel riconoscere le qualità dei calciatori “se sciolgo mio cane, lui gioca meglio di Perdomo”, ma anche esperto di tendenze, perché lui sapeva che “gli allenatori sono come le gonne: un anno vanno di moda le mini, l’anno dopo le metti nell’armadio”. E se ne potrebbero citare a decine di frasi simili, ma non togliamo spazio a chi scalpita per entrare nelle lista.


E se Boskov è straniero e quindi in qualche modo giustificato, c’è anche chi in teoria dovrebbe conoscere la lingua del Paese dove è nato e invece spesso ci è capitato di assistere a delle interviste che denunciavano una “ignoranza linguistica” da far paura. Celebre la frase di Giovanni Loseto che era un vero maestro nella coniugazione dei verbi e subito dopo una partita cercò di descrivere l’azione che aveva portato la sua squadra alla vittoria: “Ho scattato sulla fascia e dopo che ebbi messo la palla al centro, Maiellaro ebbe fatto gol”.

Ed era così bravo ad insegnare la lingua che poteva vantare tra i suoi allievi nomi eccellenti, primo fra tutti Alessandro Altobelli: “Ho caduto male e mi sono ingrinato una costola”, anche se Spillo è ricordato più per le sue conoscenze in fatto di geografia: “Si, andiamo a giocare giù ìn Svezia” e per i paragoni calzanti:”Questa Inter è come un carro armato a vele spiegate“. Ma in fondo era un bravo ragazzo e sapeva a chi essere grato per il suo successo: “Devo ringraziare i miei genitori, specialmente mio padre e mia madre“.

D’accordo, sono calciatori ed hanno preferito interrompere gli studi per inseguire il loro sogno, ma che dire allora dei giornalisti, che fanno della parola il proprio pane quotidiano? Il più grande in questo senso è Bruno Pizzul e non per errori gravissimi dal punto di vista grammaticale, ma per il sorriso che riusciva a provocare con alcune sue esternazioni, come quella del giocatore che “se ne va in figa sulla fascia”, il “colpo di testa di Van Gullit“, “il pallonetto rasoterra” e “l’arbitro manda i giocatori al riposo definitivo“.

Lapsus curiosi certo, ma mai quanto quelli di due presentatrici televisive, che nella loro carriera si occupate anche di calcio e che nella fretta di esporre le proprie idee sono scivolate sull’osè. Ricordate il “non posso vivere senza caz..” di Antonella Clerici? Povera. Invece Maria Teresa Ruta non aveva di questi problemi, perché: “Avevo due figurine di Riva e grazie a loro… mi sono fatta tutta la Juve“. Queste sono le confessioni che ci piacciono!

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