Serie A 16a giornata: Genoa – Napoli 0-1

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Foto: AP/LaPresse

Anticipo della sedicesima giornata di serie A.
Stadio Marassi, Genova:
Genoa-Napoli 0-1
Rete:
25′ pt Hamsik

Sensazioni soggettive, per carità. Ma pur sempre sensazioni e, in quanto tali, elementi che caratterizzano lo stato d’animo. Mi succede in cadetteria con il Novara e in serie A con il Genoa: comincio a gustarmi la partita e – 20′, 50′, 78′, minuti di recupero – non sparisce mai l’impressione che piemontesi e Grifoni siano capaci di ribaltare il risultato in un batter di ciglia. Di rimando, se giocano i rossoblu, cerco di non dare mai nulla per scontato. Che siano in svantaggio, che giochino male, che fatichino ad avvicinarsi all’area di rigore: a prescindere da tutto ciò, l’immaginario personalissimo è che gli undici in quota ai genovesi possano riscrivere la trama in pochi istanti. Perchè? Forse per il fatto che raramente, a fronte delle svariate volte che li ho visti perdere, i genoani si risparmiano. Difficilmente camminano. Semmai corrono e si spompano, ci provano sempre: che l’avversario si chiami Milan o Ternana, che la posta in palio sia più o meno importante, che il gioco prodotto sia più o meno incisivo. Undici polmoni che macinano aria, undici cuori che non mollano: che non basti solo questo, va da sè. Lo dicono le graduatorie, lo riferiscono i palmares.

Nell’altra metà campo, al Marassi, il Napoli: agganciato alla Juventus al terzo posto, tanto simile al coriaceo Mazzarri in alcuni casi e in altri, nonostante quei talenti in squadra che armeggiano il pallone come fosse estensione di parti corporee, misteriosamente in apnea: di fiato, di idee, di forza. Il Napoli che per anni, anche a Penelope succedeva ma lo sceglieva di proposito, di mattina faceva quel che di notte aveva disfatto. Quest’anno no: i partenopei sono più cinici e concreti, hanno imparato a compensare eventuali lacune mentali stringendo i denti. Speculari al tecnico ex Sampdoria, gli Azzurri sono riusciti a fare della capacità di soffrire un’arma in più.

Il ritorno al Marassi di Mazzarri: come si fa a scrollarsi di dosso le sensazioni di un derby vissuto per anni? Agli occhi di un genoano, Mazzarri sarà sempre un po’ blucerchiato? Stavolta il ritorno dell’ex non crea particolari reazioni per un motivo ancor più importante: quel gemellaggio che rende amiche le tifoserie del Genoa e del Napoli da tempo, consente di vedere uno stadio in cui i colori si sovrappongono. Il rosso, il blu, l’azzurro. E ancora: i battimani congiunti, i cori che hanno accomunato, le tensioni che hanno saputo rispettarsi a vicenda.

Per i motivi appena citati, il mio Genoa-Napoli è stato un match piacevole nonostante la cronaca spiccia – conta di più, riconosco – dica che nella prima parte di gara si sia assistito a una partita piuttosto confusa e incapace di decollare per davvero.

Ballardini veste il Genoa con il rombo: Kharja agisce a ridosso di Toni e Palladino. Il Napoli risponde con Zuniga per sopperire all’assenza di Lavezzi. Hamsik appena dietro all’unico attaccante di riferimento, Cavani.

Il primo a calciare a rete – era un tiro? era un cross? – è proprio Zuniga che, passato 1′, si inserisce sulla destra e conclude: facile l’intervento di Eduardo. Il Genoa replica al 5′: punizione di Veloso su cui Rossi appoggia di testa per Ranocchia, De Sanctis c’è. Ancora ospiti: 9′, da Dossena a Cavani ma sul cross basso del laterale, l’uruguaiano arriva con un pizzico di ritardo. Tra il 10′ e il 20′ gli ospiti gestiscono palla e partita mentre è del Genoa l’occasione migliore. Al 19′ Veloso crossa per Toni e l’ariete prolunga per Rossi. In anticipo su De Sanctis, il centrocampista non centra lo specchio.

Sei minuti dopo arriva il vantaggio partenopeo. Il tocco su punizione dalla trequarti è di Gargano, l’inserimento vincente di Hamsik che spedisce il pallone sotto la traversa, batte Eduardo e festeggia la settima marcatura stagionale.

Mentre il Napoli cerca di ragionare, il Genoa corre. E corre. E corre: ma lo fa come se quel rettangolo fosse una prateria, come se le linee di demarcazione non esistessero e non vi fosse alcun presupposto tattico. Confusi, i Grifoni, generosi e confusi. Al 31′ Toni supera Cannavaro e la mette al centro, Palladino cerca di sfruttare la mischia ma il più lesto nell’intervento è Dossena che sventa il pericolo.

Gli ultimi istanti offrono la contestazione dei locali: al 45′ Toni cade a terra su intervento di Cannavaro in prossimità dell’area di rigore. L’arbitro non fischia, la moviola pare dargli ragione.

Nella ripresa, Ballardini rischia Rudolf e Mesto per Palladino e Veloso (che fine ha fatto l’eccelente calciatore che ha incantato il Portogallo?) ma si riparte da dove si era archiviato il primo tempo. Proteste del Genoa per un fallo di mano (involontario) di Maggio al limite: anche qui, si lascia correre. Due minuti dopo Ranocchia prova il colpo di testa da buona posizione, alto. Più Genoa che Napoli: il break di Hamsik, che all’8′ lancia Zuniga ma il mediano non ci arriva, viene immediatamente cancellato dall’insistente manovra locale. Al 10′ un campanile di Milanetto fa venir fuori una palla insidiosissima su cui De Sanctis è puntuale; 17′, il pallone fa andata e ritorno dai piedi di Mesto a quelli di Rudolf, destro a incrociare dai 12 metri con palla di poco a lato; un minuto dopo esterno di Toni dai 3 metri, sfera ancora fuori.

Tra il 20′ e il 30′ Milanetto è il più pimpante ma le sue conclusioni dalla distanza non portano con sè la virtù della precisione; al 31′ ancora occasionissima per Rossi il cui sinistro dall’interno dell’area di rigore si spegne sull’esterno della rete. Si gioca a una metà campo senza esito: ospiti in inferiorità numerica dal 40′ per il doppio giallo rifilato a Pazienza ma, eccezion fatta per una conclusione di Destro che De Sanctis arpiona, non si registrano tiri pericolosi. Brighi fischia la fine dopo 5′ di recupero, il Napoli passa e aggancia temporaneamente la Lazio al secondo posto.

In barba a qualunque sensazione soggettiva, il Genoa che corre non è ancora un Genoa che ragiona e, men che meno, una squadra vincente: altro passo indietro sotto il profilo del gioco. Sogni troppo grandi per i partenopei? Tutt’altro, la Champions è a portata di mano. Basterebbe conservare la capacità di farsi fascio di miuscoli per 89′ e patria del genio per 1′ soltanto: questa rosa, questo allenatore possono riuscirci per davvero.

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