Cannavaro: il calcio italiano non ha futuro

di Redazione Commenta

Lippi si è addossato l’intera responsabilità della debacle azzurra in terra sudafricana e non si può certo dire che sia esente da colpe. Ma è giusto che anche i giocatori lo aiutino a portare la croce, come fa Capitan Cannavaro all’indomani dell’eliminazione dalla Coppa del Mondo:

Nel 2006 ho portato una coppa, ora sono qui a metterci la faccia. È la sconfitta peggiore, più brutta anche della Corea. È una pagina nera. Non mi vergogno a dirlo: nello spogliatoio ho pianto. Tutto mi sarei aspettato tranne che di conquistare solo due punti nel girone. È un peccato, almeno gli ottavi erano alla nostra portata.

Poi cerca di analizzare il breve passaggio al mondiale:

In campo c’era troppo timore di giocare. La tensione era scritta sulle facce dei miei compagni. Ho provato a scuoterli, niente. Eravamo bloccati. In condizioni normali queste partite le avremmo fatte nostre tutte e tre: senza alcun dubbio.

Non è un buon momento per l’Italia ed è già ora di pensare alla ricostruzione della squadra, che con l’era Prandelli prenderà sicuramente una nuova fisionomia. Ma secondo Cannavaro non è neppure questione di allenatore:

Il fallimento della nazionale è il fallimento del calcio italiano e dei club. O qualcuno si prende, e subito, le proprie responsabilità o altrimenti ci metteremo altri 26 anni per vincere un Mondiale. I ricambi sono pochi. In giro non ci sono i Totti e i Del Piero. E il girone di qualificazione all’Europeo non è semplice: ci sarà tanto lavoro da fare.

Non ci sono i Totti e i Del Piero, ma c’è, ad esempio, un Cassano in forma:

Ad Antonio voglio bene, ma con noi ha disputato due Europei e non li abbiamo vinti.

Insomma, Prandelli avrà molto da lavorare per proporre un’Italia degna dei trofei vinti. Un’Italia che partirà da un nuovo capitano, perché per Cannavaro quella di ieri è stata l’ultima gara in nazionale:

È tempo di salutare. Sarebbe stato più facile abbandonare dopo il 2006. Ma non mi sembrava giusto nei confronti di chi mi aveva dato tanto.

E forse era meglio smettere allora. E non solo lui.

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