Sir Alex Ferguson non lascia ma raddoppia

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Foto: AP/LaPresse

Sir Alex Ferguson. Uno come lui non c’è. Non fosse che per la sua longevità su una delle panchine più ambite al mondo: dal 1986 è alla guida del Manchester United. Ma non c’è solo quello. Trovatemi un altro uomo di calcio che abbia vinto 57 trofei nella sua carriera.

Adesso può sembrare persino strano, ma c’è stato un momento in cui la guida dello United aveva pensato di dire addio: era il 2002 ma i tifosi gli fecero cambiare idea. E così ha portato i Red Devils a vincere un’altra Champions League.
Ora non pensa più di andarsene. Come ha spiegato – scherzandoci sopra – in un’intervista concessa alla BBC:

Per quanto tempo resterò qua? Non lo so ma io non posso certamente andare in pensione adesso.


E ancora

Il ritiro è per gente giovane. Io sono troppo vecchio per andare in pensione e non avrei niente da fare dopo. Finché la salute regge io resto. Sarà la mia famiglia a dirmi quando smettere.

Mourinho, Guardiola o chi altro pensa di succedere sul trono dello scozzese dovrà aspettare ancora un po’.

Nei suoi quasi trent’anni sulla panchina del Manchester United sono cambiate tante cose. I calciatori, per esempio, ora sono:

ragazzi fragili, che vengono abbindolati da genitori moderni, da agenti e a volte anche dalla loro immagine. Hanno bisogno di farsi vedere con i loro tatuaggi e orecchini. Alcuni giocatori adesso piangono negli spogliatoi, Bryan Robson non lo faceva

– per chi non lo conosce Bryan Robson è lo storico capitano del suo primo Manchester.

Sono cambiati i calciatori, ma è cambiato anche lui, così come il suo modo di allenare:

Mi sono addolcito molto.

Come ha fatto con Rooney, finito sotto i riflettori a causa di una escort:

lui aveva solo bisogno di essere preso in disparte per non precipitare in un vortice e così ho fatto

L’ultimo pensiero è dedicato a Malcom Glazer, l’uomo d’affari americano proprietario del Manchester, e della sua famiglia:

Loro non mi hanno mai dato fastidio né hanno mai interferito con il mio lavoro. Io probabilmente sono in una posizione privilegiata. In certi casi i proprietari di club vogliono avere voce in capitolo sulla gestione della squadra, perché hanno investito un sacco di soldi. E non parlo solo di proprietari stranieri. Ho sentito storie di patron che contraddicono l’allenatore durante le sessioni di allenamento, presidenti inglesi. Ma se hanno successo negli affari non significa che ne avranno anche in un club di calcio.

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