Emirates Stadium: quando lo sponsor detta legge

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In principio era l’Highbury, la tana del lupo, il catino infuocato dove l’Arsenal dava lezioni di calcio, trascinata dall’entusiasmo dei tifosi. Poco più di 38.000 posti per uno stadio che non aveva certo la pretesa di reggere il paragone con impianti ben più capienti dislocati in terra inglese, ma che rappresentava l’orgoglio dell’antica società londinese, di casa ad Highbury fin da lontano 1913.

Poi arrivarono i soldi e le manie di grandezza degli inglesi trovarono sfogo in un progetto ambizioso: uno stadio da 60.000 posti (qualcuno in più per la verità) degno di ospitare le gesta dei campioni. Non che il vecchio stadio non lo fosse, ma di fronte ad un budget multimilionario era impossibile rifiutare a priori l’idea di una costruzione ex-novo.

E così una mattina di febbraio del 2004, il quartiere di Ashburton Grove, a nord di Londra, si svegliò tra i rumori delle ruspe e dei mille operai chiamati a tirar su quello che sarebbe diventato il secondo stadio per grandezza della Premier League, dopo ovviamente il mitico Old Trafford.


Per i primi mesi durante la costruzione, l’impianto veniva chiamato con lo stesso nome del quartiere dove sorgeva. Arrivarono poi gli arabi con il loro carico di soldi a finanziare il progetto, riservandosi il diritto di poter decidere il nome da dare allo stadio.

Emirates Stadium diventò così il nome ufficiale dell’impianto, nonostante il parere non favorevole di tifosi più tradizionalisti, che avrebbero preferito qualcosa di più inglese.

Ma non ci fu storia: Emirates era la compagnia aerea che finanziava il progetto (sborsando qualcosa come 100 milioni di sterline) ed Emirates doveva essere la scritta luminosa apposta all’ingresso dello stadio.

Querelle tifosi-sponsor a parte, si deve riconoscere comunque che l’impianto è quanto di più moderno possa offrire la tecnologia, con schermi in alta definizione (il primo in Europa) e 41 postazioni per le telecamere di ripresa.

Al suo interno inoltre si trovano dei box commerciali, un museo e 250 postazioni di catering. I seggiolini sono tutti imbottiti per garantire maggiore comfort ai tifosi, che hanno la possibilità di assistere alle gare (quasi) come fossero seduti sul divano di casa. D’accordo, è un’esagerazione, ma nulla è stato lasciato al caso nella costruzione dell’Emirates, vero fiore all’occhiello dell’architettura moderna.

I tifosi “storici” hanno ancora nostalgia del vecchio Highbury, ma nel mondo del calcio moderno, fatto di sponsor ed interessi, c’è ben poco spazio per la tradizione.

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