Champions League ottavi ritorno: Shakhtar Donetsk – Roma 3-0

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Foto: Ap/LaPresse

Gara di ritorno degli ottavi di finale di Champions League.
Stadio Donbass Arena, Donetsk:
Shakhtar Donetsk-Roma 3-0
Reti:
18′ pt Hubschmann (S), 13′ st Willian (S), 42′ st Eduardo (S)

Andata: 2-3
Qualificato ai quarti di finale: Shakhtar Donetsk

Serviva l’impresa e, per dirla alla Totò, è arrivata una ciofeca di cui l’undici giallorosso è colpevolmente protagonista. La Roma saluta la Champions League archiviando la competizione europea con una prestazione da dimenticare: di fronte allo Shakthar, i capitolini, non hanno che da inchinarsi e riconoscere sportivamente una superiorità che il campo – nel corso di 180’ – ha reso evidente. Si qualifica ai quarti chi ha meritato di passare il turno. Vincenzo Montella era chiamato al miracolo: l’ambiente pareva galvanizzato in seguito ai tre risultati utili consecutivi inanellati con il nuovo corso griffato dall’Aeroplanino, invece l’assenza dell’entusiasmo poi prontamente ritrovato (con le dimissioni di Ranieri) non era in realtà causa principale della malattia. Semmai, diciamo adesso, si parli di rosa ampiamente sopravvalutata.

Con andamento cronologico. A Donetsk il termometro nell’immediato pre-partita segnava –10 gradi centigradi: nel freddo glaciale cui gli uomini di casa sono abituati, Mircea Lucescu sceglie lo stesso modulo degli ospiti: due speculari 4-2-3-1 con Luiz Adriano terminale offensivo dei locali e – sorpresa dell’ultim’ora perché tutti accreditavano Totti punta fissa – Borriello ultimo uomo della manovra capitolina. Diga De Rossi-Pizarro a protezione della difesa. Il 2-3 dell’andata obbligava Doni e compagni a vincere con due reti di scarto o a trovare un successo di misura con almeno quattro reti all’attivo. Roba che dirlo a risultato acquisito fa soltanto sorridere.

Stadio esaurito, coreografia in pompa magna con migliaia di bandierine arancioni in segno di vicinanza ai calciatori di casa e la consapevolezza, oltre che del risultato positivo acquisito all’Olimpico, di una imbattibilità interna che dura da 54 giornate. Gara tattica per i primi quindici minuti, nel corso dei quali le due formazioni si studiano e restano abbottonate. Al 18’, in quello che è il primo vero affondo del match, lo Shakhtar trova il vantaggio: Willian crossa per Hubschmann che, sul primo palo, sfiora di tacco insacca il pallone alla sinistra di Doni, nella circostanza non impeccabile.

La pronta reazione degli ospiti arriva ma è confusa: Borriello prova a sfondare in un paio di crcostanze ma si perde al momento del tiro, di contro i locali ci riprovano con Mkhtararyan che al 23’ impegna severamente l’estremo brasiliano. Fasi cruciali a ridosso del 30’: prima Taddei sciupa clamorosamente un pallone che andava solo spinto in rete, poi – è il 28’ – una trattenuta in area locale ai danni di Borriello frutta ai giallorossi un calcio di rigore. Sul pallone lo stesso attaccante: Pyatov intercetta. Strada in evidente salita, l’errore vale il crollo psicologico che la Roma paga in maniera palese. La gara, a conti fatti, finisce qui e il proseguo vale solo – in casa giallorossa – per tramutare una magra figura in figuraccia. Perché al 41’ il doppio giallo a Mexes costringe gli ospiti in dieci per oltre un tempo; perché a una manciata di secondi dall’intervallo De Rossi non subisce analoga sorte – gomitata volontaria a Srna – per il fatto che l’arbitro non vede.

La ripresa prosegue sulla falsariga: al 2’ Doni esce in maniera avventata ai 18 metri e lascia la porta vuota, sinistro immediato di Jadson che non inquadra la porta; al 6’ Mkhitaryan avanza indisturbato e Doni sventa in tuffo a destra; al 13’ il raddoppio locale: corner di Srna per Willian, controllo del 10 e conclusione nell’angolo alto alla sinistra di Doni. Un paio di spunti di Borriello fanno il solletico ai locali che, per chiudere in bellezza, firmano il tris al 42’: in rete ci finisce Eduardo che approfitta di una leggerezza di Rosi. Nel fare i paragoni con le rimonte storiche che hanno segnato la storia del club, nessuno tra i tifosi giallorossi – interpellato alla vigilia – avrebbe immaginato un epilogo tanto amaro. Messo lì perchè la parola “impresa” venga sostituita con un termine più appropriato alla circostanza. Rifondazione.

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