Calcio Scommesse, parla Conte: “Non dovevo patteggiare”

di Redazione Commenta

E così dopo diversi mesi di silenzio, Antonio Conte ha deciso di parlare, e di spiegare a tutti la sua posizione nel caso del calcio scommesse. Dopo il secondo grado del processo sportivo andato in scena ieri a Roma, il tecnico della Juventus sembra fiducioso e ribadisce la sua estraneità ai fatti. La speranza è che i dieci mesi del primo grado possano diventare assoluzione, anche se ammette di aver sbagliato a voler patteggiare come gli era stato consigliato dai suoi legali.

ERRORI Antonio Conte non è contento di come sono andate le cose in primo grado, ed è convinto di aver commesso un errore, quello di seguire la linea degli avvocati della Juventus che avevano consigliato il patteggiamento di 3 mesi:

 ‘C’è una cosa che non rifarei se potessi tornare indietro: accettare controvoglia il patteggiamento. Non si patteggia l’innocenza anche se gli avvocati ti consigliano di farlo perché è un’opportunità e i rischi del dibattimento sono alti. È stato un errore. Certo, non avrei ammesso nulla, ma si sarebbe percepita una cosa diversa. Se oggi avessi la certezza dei tre mesi di stop, la mia risposta sarebbe no. Su un fatto concordo con i giudici: 90 giorni non erano una pena congrua. Quella giusta è zero: non ho commesso né illeciti, né omesse denunce

GIUDICI L’ex tecnico di Siena e Bari continua ad avere fiducia nei giudici e spera che in questo secondo grado, grazie alla difesa dell’ Avv. Bongiorno, dell’ Avv. De Renzis e dell’ Avv. Chiappero possa arrivare l’assoluzione

Sono convinto che i giudici leggeranno le carte con attenzione evitando, con il proscioglimento, un’ingiustizia. Ho la coscienza a posto, non penso possa dire lo stesso chi ha gettato fango su di me. . Dei giudici ho fiducia, del sistema meno.  Voglio che la gente sappia che una cosa così può capitare a chiunque. Per questo quando le Procure avranno finito le indagini, penso che la Federcalcio debba chiedersi se le regole attuali del processo sportivo siano rispettose della difesa di un tesserato e delle società quotate in Borsa. Vi sembra normale quello dove i difensori non hanno la possibilità di controinterrogare un pentito considerato credibile anche quando si contraddice in modo evidente? I collaboratori sono tutelati in modo spropositato

CAROBBIO Conte risponde anche all’accusa di Carobbio, ripercorrendo i vari momenti e le falle nell’accusa contro di lui:

Accusa insensata, sarei stato così fesso da rendermi ridicolo e ricattabile da 25 giocatori? Lo stesso Carobbio fa riferimento al mio discorso: intenso e carico di motivazioni. E dopo averli spronati per lui avrei concluso dicendo ‘comunque pareggiamo?’ Ma che senso ha? Carobbio ha continuato a cambiare le sue dichiarazioni in modo camaleontico, altro che arricchimenti come li ha definiti Palazzi. L’ultimo aggiustamento è arrivato, guarda caso, tre giorni prima della mia audizione. Carobbio in realtà non è un vero collaboratore, ma un soggetto che si sta difendendo. Bisogna capire quello che è il mio rapporto con squadra e collaboratori: non sono amico dei giocatori, i ruoli sono ben separati. Se qualcosa è avvenuto, è avvenuto alle mie spalle

STELLINI Infine Conte parla anche dell’assioma per cui se il suo collaboratore Stellini era al corrente della cosa (come da lui ammesso) anche Conte “non poteva non sapere”, come ha detto Palazzi:

Sono rimasto allibito dinnanzi a questa motivazione: non dimostra nulla. È proprio la separazione dei ruoli a spiegare le cose. Stellini mi ha tenuto all’oscuro perché sapeva bene quale sarebbe stata la mia reazione. È vero, ho un carattere difficile. Per una volta dovrebbe essermi d’aiuto e invece… Cristian sta vivendo un momento difficile: dando le dimissioni ha dimostrato un senso di responsabilità. Dal punto di vista umano l’affetto resta, è chiaro che i suoi comportamenti mi hanno messo in difficoltà e danneggiato

Photo Credits | Getty Images

 

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