Crisi Torino, Sassuolo è già un crocevia (ma Rolando Bianchi c’è)

di Redazione 1

La classifica di cadetteria parla chiaro: Torino al via con l’ennesima partenza risicata fatta di sconfitte (due in tre gare) e un misero punticino all’appello, racimolato in virtù del pareggio interno alla terza di campionato (gara casalinga contro il Crotone, 1-1 con gol in rimonta del neoacquisto Antimo Iunco).

Tre reti fatte, cinque subite: incapacità di sfruttare il fattore campo (come accaduto all’esordio di B contro il Varese e come stava capitando anche contro i calabresi) e di gestire il vantaggio iniziale (lo insegna la sfida contro il Cittadella). Solita fragilità di tenuta, vecchie abitudini (gioco frammentato e scarsa lucidità) non tramontate. Difficile capire cosa accade ai granata, soprattutto in seguito a una campagna acquisti estiva che porta a pensare anche stavolta quel che veniva facile riflettere lo scorso anno: il Toro è tra le squadre da battere.

CALCIOMERCATO. Lo dettano gli scenari dell’ultimo mercato: alla voce “acquisti”, infatti, sotto la Mole si registrano (oltre al già citato Iunco, due reti in tre partite) anche gli innesti di Luigi Scaglia (Brescia), Rubens Fernando Moedim “Rubinho” (Palermo), Giuseppe De Feudis (Cesena), Cristian Obodo (Uinese), Vilaca Filipe Oliveira (Sporting Braga), Valerio Di Cesare e Alessandro Sgrigna (Vicenza), Daniele De Vezze (Bari), Alessandro Pellicori (Mantova).

Tradotto: non gli ultimi arrivati ma calciatori provenienti dalla massima serie (dove giocavano con cadenza frequente) o profondi conoscitori ed eccellenti interpreti dei campionati di serie B (dice il palmares). Non solo: i tasselli messi a disposizione di Franco Lerda (anche lui, new entry in panchina: somiglia al ritorno a casa di un ex calciatore che proviene dalle giovanili granata) dal direttore sportivo Gianluca Petrachi non hanno comportato la cessione di pezzi pregiati (Rolando Bianchi su tutti).


IL CASO. Eppure, l’inizio – lo si diceva – non è stato dei migliori. Non solo per la carenza di risultati immediati ma anche per la vicenda legata a Marco Bernacci, anch’egli nel novero degli acquisti estivi: l’ex Ascoli (15 reti nella passata stagione), infatti, si è reso protagonista di un caso più unico che raro. Avrebbe dovuto scaldare la tifoseria a suon di gol (con Bianchi e Sgrigna, un potenziale enorme) e invece ha deciso – a soli 26 anni – di ritirarsi temporaneamente dalle scene calcistiche per “motivi personali”, come comunicato dal sito ufficiale del club. Pare che il bomber sia caduto in depressione e che necessiti di un periodo di tempo imprecisato per riflettere, ritrovarsi. Una tegola, Pellicori (arrivato sul filo di lana) non sembra poter sopperire.

MANOVRE SOCIETARIE. Rifondazione, forse. Rivoluzione, ma anche no. In fondo, il Torino di Urbano Cairo è squadra che, pur avendo fallito il traguardo stagionale nel corso dell’ultimo campionato (avrebbe dovuto conseguire la promozione diretta, è riuscito ad approdare alla finale play off poi persa con il Brescia), poteva fare affidamento su un dato incontrovertibile.

Ovvero, prestazioni e risultati in evidente miglioramento nella fase finale della cadetteria 2009/10. Ricominciare da lì, dimenticando le difficoltà dell’inizio, archiviando una parte centrale delicata (cambio di allenatori, contestazioni del tifo, scontro frontale tra ultras e squadra con episodi sfociati nell’inciviltà). Con la garanzia che il patron granata stavolta avrebbe avuto un atteggiamento più oculato per rinforzare ulteriormente una rosa che – solo sulla carta, i fatti hanno smentito – pareva imbattibile. Fare tesoro degli insegnamenti significava intervenire in maniera progettuale: il ruolo di Petrachi (“Date tempo al tempo, giudicatemi tra un po’”) va proprio nella direzione di apportare accorgimenti in seno alla dirigenza, apparsa in passato impreparata a gestire una piazza tanto importante e rendere onore al blasone del passato.

RICETTA. Scelte discutibili e frettolose (eccessivo ricorso all’esonero) sono oggi leggibili come controproducenti, non da meno la sensazione che l’apparato dirigenziale sia stato poco strutturato. Di rimando, lo sfilacciamento ai vertici ha prodotto un conseguente sfaldamento della base: squadra anonima, impaurita, tifoseria inferocita e pronta a contestare al primo starnuto lievemente fragoroso.

Neppure il cuore Toro – proverbiale, storico – ancora non si vede se non nella maglia, impersonificato nella fascia di tale Rolando Bianchi, diventato anima dei granata nonchè anello di congiunzione tra tifo e squadra. Entra in campo (come contro il Crotone, reduce da infortunio) e i compagni si trasformano in meglio, il pubblico comincia a crederci. Ovviamente prematuro giudicare l’operato di Lerda, quello di Petrachi, dare un giudizio tattico o tecnico sulla rosa: si cominci piuttosto a ritrovare unità di intenti (un toccasana, altro che ordigni artigianali), a non avere fretta e smania. Con l’augurio che, almeno quest’anno, il presidente la smetta di emulare Zamparini e lasci a ciascuno (leggi Franco Lerda) svolgere il proprio lavoro.

PROSSIMO TURNO. Recuperare tranquillità: la ricetta si compone senza dubbio di questo ingrediente fondamentale anche se la trasferta di Sassuolo (quarta di campionato) diventa già un crocevia. La vittoria sarebbe un toccasana, una sconfitta contribuirebbe a rendere incandescente il clima: di fronte, un avversario di difficile interpretazione se è vero che il Sassuolo è capace di imprese da incorniciare (poker di reti al Livorno nell’esordio di cadetteria) e prestazioni deludenti (la fresca sconfitta contro il Portogruaro).

Si ripropone la sfida che ha animato la prima fase dei play off della passata stagione: nella circostanza furono i granata ad esultare in virtù della vittoria esterna (1-2) dello scorso 6 giugno. La bella notizia potrebbe essere l’impiego di Bianchi dal 1′, la constatazione è che i bookmakers credono poco al “2”: le quote prevedono un introito pari a  3.25 volte la posta in caso di successo granata, l’1 viene pagato 2.30 volte la giocata, il pari è bancato a 2.95.

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