Giancarlo Antognoni: un campione di sfortuna!

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Idolo della Fiorentina, nessuno come lui nel cuore dei tifosi viola, vera bandiera di una squadra in cui è stato spesso l’unica stella a brillare: questo era Giancarlo Antognoni, uno dei più grandi numeri 10 a cavallo tra gli anni ’70-’80.

Nils Liedholm lo volle fortissimamente alla Fiorentina, dopo averlo visto in azione a Coverciano durante gli allenamenti della nazionale juniores. 453 milioni sborsati dall’allora presidente Ugolino Ugolini per strapparlo al Torino, che aveva da tempo messo gli occhi su quel ragazzino elegante e talentuoso.

Il ragazzo che gioca guardando le stelle.

Così lo definì Vladimiro Caminiti, e l’incedere a testa alta era solo uno tanti punti di forza del giovane Antognoni, che eccelleva nel ruolo di regista grazie alla straordinaria visione di gioco, ai lanci lunghi e millimetrici, alla falcata elegante ed imperiosa. Un numero 10 che amava mettersi al servizio della squadra più che tentare la soluzione personale.


Ha vinto poco in carriera con il club viola, essendo arrivato in una squadra che aveva scarse ambizioni, e quando finalmente la società gli mise al servizio una squadra che poteva puntare in alto, la sorte si accanì contro di lui, facendolo restare lontano dai campi per molti mesi. Un campione di sfortuna il povero Giancarlo, messo fuori uso una prima volta nel 1981, quando si ritrovò a cozzare contro il ginocchio del portiere del Genoa, Silvano Martina, riportando la frattura delle ossa craniche.

Un infortunio che poteva comprometterne la carriera e che mise in pericolo la sua stessa vita, ma “Antonio”, come lo chiamavano simpaticamente i tifosi, ebbe la forza di risorgere e l’anno successivo andò a guadagnarsi il titolo di Campione del Mondo in terra di Spagna. Sfortunatamente un’entrata del polacco Wladislaw Zmuda in semifinale gli procurò una ferita alla caviglia, privandolo della gioia di partecipare alla finale.

Campione del Mondo, ma ancora campione di sfortuna due anni dopo, quando in uno scontro con Luca Pellegrini subì la frattura scomposta di tibia e perone. Altro stop decisivo nella carriera ed altri lunghi mesi senza toccar palla. Al rientro trovò in panchina Aldo Agroppi, che dall’alto del suo “sapere calcistico” gli preferiva spesso il giovane Onorati.

Seguì una stagione d’inferno per il popolo fiorentino, con una salvezza conquistata con grande fatica: l’ultimo regalo di “Antonio” alla sua squadra, prima del triste arrivederci. Due anni nel Losanna, in Svizzera e poi l’addio al calcio giocato il 25 aprile 1989, quando il Comunale di Firenze si riempì per applaudire il più grande campione della storia viola.

Al suo esordio con la maglia della Fiorentina il Barone disse di lui:

Non dite che sarà il nuovo Rivera. Speriamo che somigli a se stesso, cioè quello che promette di essere.

E Giancarlo ha mantenuto le promesse, nonostante tutto e tutti!

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