Alfredo Di Stefano: la Saeta Rubia che fece grande il Real

di Redazione 6

Era come avere 2 giocatori in tutti i ruoli quando c’era lui. Ma in porta non era un granché.

Una definizione che descrive perfettamente uno dei più forti calciatori del secolo, ancora oggi ricordato tra i pochi capaci di salire nell’Olimpo del calcio e di trovare lì la sua naturale collocazione. Era un figlio di quell’Italia che, al termine del primo conflitto mondiale, metteva le speranze ed i sogni in una valigia di cartone e partiva alla volta dell’Argentina a cercar fortuna. Nacque proprio a Buenos Aires Alfredo Di Stefano, argentino di passaporto, ma italiano nella pelle e nelle ossa.

Cambiò più volte nazionalità nel corso della sua carriera, ma paradossalmente non prese mai quella italiana, che sarebbe stata la più naturale per lui. Peccato, uno così avrebbe potuto far comodo alla causa azzurra negli anni ’50!


Sin da piccolo dimostrava doti fuori dal comune, tanto da essere notato dal River Plate, che gli fece firmare un contratto a soli 15 anni. Ma era troppo giovane per poter competere con il fenomenale attacco che vantava in quegli anni la squadra argentina e così finì in prestito all’Huracan, dove si mise in evidenza, segnando 50 gol in 66 partite.

Tornò al River a 21 anni, per conquistare campionato e classifica marcatori e per guadagnarsi la convocazione per la Coppa America. Titolo conquistato e ancora bomber principe, con 6 reti messe a segno durante la competizione. L’anno successivo il calcio argentino si fermò per uno sciopero e Di Stefano, pur di giocare, seguì la scelta di molti connazionali, trasferendosi in Colombia, nel Millionarios di Bogotà: 267 reti in 292 partite, quattro scudetti su cinque campionati e primo cambio di nazionalità.

Nel ’53 sbarcò in Europa per una tourneé contro le squadre più forti del’epoca e, proprio durante una di queste gare, fece innamorare il presidente del Real Madrid, Santiago Bernabeu, che lo acquistò per 70.000 dollari! Il passaggio al Real, però, non fu operazione semplice, visto che anche il Barcellona aveva messo gli occhi su quel fenomeno di classe pura. Intervenne nella controversia il generale Francisco Franco, dettando legge: Di Stefano avrebbe giocato un anno con le merengues ed uno con i blaugrana. ma il club catalano non accettò la soluzione e l’argentino (anzi, il colombiano) indossò definitivamente la cameseta blanca.

E qui finisce la storia ed inizia la leggenda: 8 campionati spagnoli, una Coppa Intercontinentale e 5 Coppe dei Campioni, oltre alla conquista di due Palloni d’Oro! La Spagna volle assicurarsi le sue prestazioni, convincendolo a cambiare ancora una volta nazionalità.

Era solito giocare con il numero 9 sulle spalle, ma era un 10 a tutti gli effetti. Veloce da far invidia ad un centometrista puro, tanto da guadagnarsi il soprannome di Saeta Rubia (freccia bionda), era dotato di tecnica sopraffina e di un senso del gol con pochi eguali.

Un aneddoto per concludere. Una volta tirò da trenta metri, colpendo la traversa, ma il pallone restò in campo e venne conquistato da un avversario che ripartì in contropiede. Di Stefano non si diede per vinto, inseguì il difensore, cominciò a correre verso la porta avversaria e, dopo un triangolo, infilò il portiere. Un compagno gli si avvicinò e gli disse:

Alfredo, questo gioco ci dà da mangiare, cerca di non ridicolizzarlo.

Questo era Alfredo Di Stefano, il più grande della sua epoca in assoluto, uno che sarebbe stato campione anche nel calcio moderno!

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