Garrincha: il re del dribbling

di Redazione 1

Manoel Francisco Dos Santos, per tutti semplicemente Garrincha, è stato uno dei calciatori brasiliani più forte di tutti i tempi. Deve il suo soprannome al problema fisico che lo affliggeva sin da bambino, quando una malattia lo rese zoppo, con una gamba nettamente più corta dell’altra. Chiunque al suo posto avrebbe avuto difficoltà persino a camminare, ma la sua determinazione gli permise di conquistare il mondo con le sue giocate magiche ed i suoi dribbing irresistibili.

Nato in una famiglia povera di Pau Grande, iniziò a giocare a pallone nei campetti sterrati della città, dove oltre agli avversari, doveva affrontare lo scetticismo con cui veniva visto a causa delle sue gambe storte. Il Botafogo fu la prima squadra a scommettere su di lui, grazie a Gentil Cardoso, che lo aveva visto giocare e lo inserì subito in prima squadra. Con questa maglia resterà per dodici stagioni, vincendo tre campionati di Sao Paolo e due Carioca e mettendo a segno per 230 reti.

Il dribbing era il suo pezzo forte: il difetto fisico, che gli avrebbe dovuto impedire persino di camminare, si rivelò la sua arma vincente. Ancora oggi capita di sentir dire “un dribbling alla Garrincha”, ma difficilmente quel gesto può essere emulato. Finta verso sinistra, accellerazione, passo a destra, ancora accellerazione e conversione al centro: solo a descrivere il movimento fa girare la testa, figuriamoci come restavano i suoi avversari nel vederlo scappare!


La nazionale non poteva prescindere dalla sua classe, anche se in quegli anni il Brasile poteva contare su nomi d’eccezione come Pelè, Didì, Vavà e Mario Zagallo. Garrincha era il valore aggiunto in una squadra di campioni, capace di strappare applausi ad ogni pallone toccato. Con la maglia della nazionale vinse due titoli mondiali, nel ’58 e nel ’62, ma restò il ragazzo umile e pulito che giocava solo per divertirsi. Si racconta che subito dopo la finale del ’58 in Svezia, mentre tutti si stringevano intorno a Pelè in lacrime, Garrincha si avvicinò al proprio capitano per chiedere cosa fosse successo e quando gli dissero che il Brasile era Campione del Mondo, lui ingenuamente chiese:

Ma la partita di ritorno quando la giochiamo?

Ingenuo da far tenerezza. Al ritorno dalla trasferta trionfale in Svezia, la Selecao era attesa dal Governatore di Rio che, dopo la cerimonia di accoglienza, annunciò ai giocatori che avrebbero avuto in premio una villetta sulla spiaggia. Garrincha rispose che non gli interessava la villetta, ma la liberazione della colomba che era stata tenuta in gabbia per tutto il tempo della cerimonia. Commovente.

E commovente fu anche il suo triste declino, dopo un incidente stradale nel ’73 che ne compromise la carriera. Passò gli ultimi anni della sua vita in povertà, sopraffatto dai problemi di alcol e dalla cirrosi epatica, che lo portò alla morte il 20 gennaio del 1983, a soli 49 anni. La salma venne esposta allo Stadio Maracanà, dove migliaia di persone arrivarono a rendergli omaggio prima della sepoltura, con la bara avvolta nella bandiera del Botafogo. Il Brasile perdeva così il suo “passero dalle gambe storte”, la più grande ala che si sia mai vista su un campo di calcio.

Commenti (1)

  1. come dice uno slogan dio ha creato il mondo maradona il calcio

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